IN RAI UNA VOLTA SI SALVAVA LO SPORT. OGGI MANCO QUELLO
Ma la Rai, certi telecronisti sportivi, dove li va a “pescare”? Esiste un casting? Un ufficio ad hoc? Chi li sceglie e con quali criteri?
Ho seguito gran parte delle partite dei campionati europei e, alla fine, mi sono visto costretto a togliere l’audio. Tanto era il fastidio per le banalità “urlate” nelle telecronache. Più che a dei giornalisti, obiettivi e distaccati come una volta, sembrava che la telecronaca fosse stata affidata a dei tifosi scalmanati con il giornalista di turno che si accendeva di colpo per la rete fatta o sfiorata, con ricche dissertazioni sulle fasi che l’avevano preceduta ma con scarsa aderenza a quanto era avvenuto in campo.
Sembravano tornati i tempi della vecchia radio di Nicolò Carosio con Ghiggia che “s’invola sulla destra….” mentre chi stava allo stadio vedeva un altro spettacolo con il portiere avversario che aveva già parato e rispedito il pallone “di cuoio” in mezzo al campo.
Tra quegli anni e le “notti magiche” , in mezzo, abbiamo avuto fior di giornalisti seri e preparati come Guglielmo Moretti, Mario Giobbe, Roberto Bortoluzzi, Nando Martellini, Bruno Pizzul, Marino Bartoletti, solo per fare qualche nome. Molti usciti da appositi concorsi dei quali oggi si è persa memoria. L’ultimo, se non sbaglio, ci fu nel 1968. Erano i tempi di Ettore Bernabei!
Allora in Rai si entrava così, non con la “pedata” di qualcuno importante. E poi, come se non bastasse, oggi le cronache sportive si arricchiscono anche di commenti davvero “pietosi” di ex giocatori che hanno attaccato gli scarpini al chiodo e che parlano per “frasi fatte”.
Se queste sono le nuove leve del giornalismo sportivo, meglio accendere il televisore e togliere l’audio.
PdA