QUALCOSA SI STA PERDENDO

“Gemendo e sudando sotto una vita spossante,
Se non vi fosse la paura di qualcosa oltre la morte,
Il paese inesplorato, da cui confini
Nessun viaggiatore fa ritorno – a sgomentare la volontà,
E a farci piuttosto tollerare i mali che abbiamo,
Che fuggire ad altri di cui non sappiamo nulla?” Shakespeare

Se un bene diventa più raro tende a diventare più prezioso, aumenta di valore e viene più ricercato. Stranamente, però, ciò non accade in Italia. I giovani italiani, rispetto ai coetanei europei, sembrano contare meno non solo dal punto di vista demografico, ma anche da quello sociale, economico e politico.  L’anomalia italiana non è la longevità, ma l’avere sempre meno giovani, caratterizzati oltretutto da una debole presenza nella società e nel mondo del lavoro. Le nuove generazioni devono spostarsi al centro dei processi che generano benessere e sviluppo.
Non molto tempo fa, diventare un giovane adulto era un grande obiettivo e purtroppo non tutti ci sono riusciti; avere la consapevolezza di poter vivere la vita in un certo modo con questo spirito “giovane” non è stato e ancora non è alla portata di tutti.
E’ vero, la vita è frenetica, le responsabilità sempre tantissime, molti si scoraggiano e lasciano che tutto scorra… trovare il giusto equilibrio per una serenità nella propria vita richiede impegno e rottura con il “bene” e la “sicurezza” che avvolge e circonda gli italiani fin dalla più tenera età. Pablo Picasso diceva: “Ci si mette molto tempo per diventare giovani “.
Oggi quest’asserzione necessita un aggiornamento radicale, dato che si impiega molto tempo, troppo tempo, per diventare invece adulti. La caduta o l’inaridimento delle capacità creative ed innovative delle persone è infatti uno dei tanti aspetti di quello che è stato efficacemente chiamato degiovanimento.
“Il sostantivo degiovanimento è un neologismo introdotto e studiato da Alessandro Rosina, ricercatore della Cattolica di Milano. Indica la perdita del bene prezioso della gioventù. L’Italia non è solo un Paese per vecchi, la nazione con i tassi di natalità tra i più bassi in Europa, è anche un Paese che rischia di fermarsi. Perché mancando i giovani viene meno anche quella volontà di cambiamento e di crescita che può essere assicurata dalle nuove generazioni.” Elena de Giorgio.

Se una volta i giovani avevano voglia e fretta di diventare adulti, oggi i giovani rimangono tali a lungo e l’età adulta si sposta sempre più in là nel tempo. Il parcheggio sociale si chiama università allungata, lavori e lavoretti precari, “comoda” o “scomoda” permanenza nella casa dei genitori.
In particolare nel sud dove la tendenza è quella di tenersi a casa, o vicino casa i “bastoni” della vecchiaia: le figlie. Questo comporta, fra le nuove e non tante nuove generazioni, anche il prodursi di una mentalità piuttosto conformista e gregaria, spesso poco curiosa ed interessata. Il risultato è che le doti di creatività e lo spirito innovativo vengono sempre meno.
Ancora, tra le caratteristiche del lavoro ideale i giovani pongono al primo posto la retribuzione, la sicurezza e i buoni rapporti con colleghi e superiori: Analoghe tendenze di degiovanimento vengono dalle libere professioni e dai lavori manageriali, in cui l’età media cresce e i giovani fanno lunghe anticamere. Non coltivando il pensiero creativo e lo spirito innovativo, si riduce la competitività culturale ed economica di un Paese come l’Italia e in particolare il Meridione.
Visto oggi il film “I Basilischi” degli inizi degli anni ’60, di Lina Wertmüller è un documento sociologico, oltre che cinematografico. Girato a Minervino Murge, in Puglia, mostra una popolazione, soprattutto di giovani “combattuta” si fa per dire, tra l’emigrazione per trovare lavoro ed il desiderio di non staccarsi dalle proprie tradizioni e dal proprio territorio. Ritratto di una generazione di vitelloni meridionali che si perpetua dunque ed in questo senso la visione del film mostra, più di tanti racconti, la cultura che blocca certe aree del Sud. Questa pellicola rappresenta in maniera efficace la mentalità di paese, ma di paese meridionale. I giovani protagonisti sono affetti, come molti ancora oggi, da una inettitudine e una pigrizia che è tipica, è un ritornello, una consuetudine. In questa vita trascorsa tra nostalgie politiche e nuove spinte di rivoluzione sociale, il massimo a cui un giovane di paese può aspirare è laurearsi e tornare a casa, per poi attenersi agli schemi sociali prestabiliti; sposarsi, avere qualche figlio, ecc. Al contrario una via di scampo fa capolino come in passato, quella di andare via, fuggire da tale situazione e tentare di riscattarsi, ma non tutti hanno realmente questa voglia e coraggio nell’affrontare l’ignoto domani… Pensavo che fosse il modo migliore di comportarsi, come il giovane perduto che ha preso la strada sbagliata.
Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

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