ANCORA UN PO’ CON IL SOLE IN FACCIA

Generalmente, la caratteristica di chi scrive sta nella propria riconoscibilità che può esprimersi in un genere letterario, in un tema a lui caro, in una scrittura tratteggiata in modo unico ed incisivo, in un periodo storico di riferimento, in tematiche e vicende umane che si ripetono.

Per tutta la vita, l’umanità viene costretta a fare delle scelte. Indipendentemente dal fatto che si scelga di prendere decisioni o meno, ne verrà presa una. Più difficile è la decisione, meglio è fare la scelta giusta riflettendoci bene.

A volte desidero ascoltare la musica invece del rumore, la gioia invece del piacere, l’emozione invece dell’oro, il lavoro creativo invece degli affari, la passione invece dell’indulgenza. Tutto questo non trova ospitalità in questo nostro mediocre mondo. Innumerevoli volte, anche negli scritti e nelle conversazioni verbali, abbiamo esaltato l’uomo armonioso, il saggio, l’uomo felice, l’uomo illuminato. Di conseguenza, il mio dolce sonno svanisce e l’incubo s’impossessa delle mie notti.

Le parole cessano di significare e l’impulso sessuale esplode in mille vertiginose rappresentazioni come un fuoco d’artificio in una notte senza luna. Il desiderio erutta in un delirio. In così mirabile vaneggiamento, alla fine, si riconosce un nucleo lucido e immutabile: la certezza che un solo sentimento costituisce il senso della vita. Avendo questa certezza, se ne annuncia un’altra: che non siamo tanto amati, e non amiamo mai abbastanza qualcuno. Questa è la vera oscenità: non poter vivere fino in fondo i propri desideri più reconditi. Tuttavia, afferma Hermann Hesse: “L’amore può essere supplicato, comprato o ricevuto in dono, lo si può trovare per strada, ma non lo si può stritolare”.

Alcuni dicono che sono arrendevole, e altre stronzate del genere. Non sanno che ho una spina nell’animo. Lo stesso Hesse, in alcune circostanze, fa capolino nei miei pensieri: “L’amore non si può né pregare, né esigere. L’amore deve avere la forza di attingere alle proprie certezze. Solo così, forse, non sarà trascinato, ma trascinerà”.

Molte persone non sanno che vivo in uno spazio vuoto protetto solo da un velo di seta. Sembra che non si siano resi conto che sono diventato un idiota. Ma io so, che lo sono! Sempre più spesso mi ritrovo in ginocchio a cercare una formica o uno scarafaggio con cui parlare.

Mi sto stancando di parlare allo specchio. Ogni tanto prendo il cellulare e faccio finta di parlarci dentro. L’energia che mi muove non la definirei una vera e propria malattia. Non compare nei manuali di Psichiatria. Piuttosto è la sofferenza che si agita, e spesso viene portata davanti a uno strizzacervelli.

“Nessuna via d’uscita”, avrebbe detto Jean Paul Sartre. Non puoi essere un vagabondo e un ‘creativo’ ed essere ancora un cittadino solido, un uomo sano e onesto. Vuoi ubriacarti, quindi devi accettare i postumi della sbornia. Dici di sì alla luce del sole e alle fantasie, quindi devi dire di sì alla sporcizia e alla nausea.

Tutto è dentro di te, oro e fango, felicità e dolore, le risate dell’infanzia e l’apprensione della morte. Non cercare di mentire a te stesso”.  Hermann Hesse.

È inutile cercare un antidoto. Una spinta emotiva che ci rappresenta ma non può essere controllata, ridotta e spiegata sulla base di valori chimici, molecole e cellule perché, ‘sfortunatamente’, siamo molto più complessi. Ci sono persone che nascono nel momento meno opportuno, nella famiglia ‘inadatta’, nella tradizione sbagliata.

In questi ultimi giorni ho scoperto che neanche un ultimo desiderio, a volte, viene concesso.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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