CIARLARE

Beaumont sur Mer -Vorrei tanto che quel poco di senno rimasto fosse sempre spontaneo, compulsivo, persino improvviso. I soggetti e le idee vorrei che fossero come onde su onde durante l’alta marea, individualmente, una dopo l’altra, eppure tutte appartenenti ancora all’oceano. Anzi, all’amato mare di Ulisse. Vorrei poter vedere , ancora impegnato, quel poco di senno, rendendolo difficile da catturare e sottomettere.

Da adolescente, avrei voluto tanto imparare a suonare il piano, ma fare il portiere di calcio ha prevalso per oltre 10 anni. Poi, il mio amico Felice Fiorillo mi regalò una raccolta di poesie, scritte da Federico Garcia Lorca. Il grande Spagnolo, in alcune di esse, mi indicò un sentiero e mi invitò a percorrerlo:

Un libro di poesie / è un autunno morto: / i versi son le foglie / nere sulla bianca terra, / e la voce che li legge / è il soffio del vento / che li affonda nei cuori / intime distanze.

La poesia non cerca seguaci, cerca amanti.

Mi hanno portato una Conchiglia. / Dentro canta / un mare di carta. / Il mio cuore si riempie d’acqua / con pesciolini / d’ombra e d’argento. / Mi hanno portato una Conchiglia.

Come farete voi a regolarvi? Allora la vostra architettura sarà soltanto la testimonianza di un atto vissuto dove la gente possa compiere atti vitali e coscienti.

 Forma quindi, ma non più forma simbolo, non più forma droga, ma forma ‘atto’ ”. Che brutto scrivere quando mancano i gesti, mancano gli occhi delle persone vive di fronte a te. Manca soprattutto la ‘presenza’ degli altri di quegli altri che annegano nel mare di Ulisse e che non avranno mai una casa.

 Sto guardando il cielo sopra di me. Le foglie stamattina si muovevano appena. L’aria tremava e veniva da lontano, come dalla preistoria. Un suono ovattato, attutito, tanto da diventare ‘ricordo’, era il rumore di un elicottero. Strano! Sembrava il suono di una libellula che faceva fatica ad alzarsi dal suolo.

Ed ecco il sogno della notte invadere la mia mente. Sul terrazzo, inarcavo la schiena. Respiravo a pieni polmoni. Una barca a vela fendeva il mare. Guardavo Lei in lontananza. Mi sorrideva. Lei era dolce. Le sorridevo. Avevo una gran voglia di Lei. Di stringerla a me. Sentire il sole sulla sua pelle. Entrare dentro di lei come nel mare! Star bene. Star bene! Ma che stupido. Mi sorrideva. Ma sentivo la sua delusione. Anch’io lo ero, mentre l’elicottero scompariva oltre la collina.

Che c’entrava tutto questo, con l’architettura, con la barbarie, con la tristezza del vivere? C’entrava il mondo. Il mondo come un grande enorme battello sospeso nello spazio. Un battello che ruotava e si muoveva velocissimo intorno al sole portando con se alberi, case e umanità.

Sole splendimi sin dentro al cuore, vento caccia via pensieri e pene, non v’è al mondo diletto maggiore che andar vagando sconfinatamente”. (Herman Esse)

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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