TRA I FLUTTI DELL’ULISSE

Beaumont sur Mer

Nel tentativo di far tornare indietro il tempo e far riapparire Lei nella mia vita, la luna era l’unica amica con cui riuscivo a parlare. A casa mia, la luna non bussava mai. Entrava sempre prepotentemente dalle persiane. Come le emozioni forti che non bussano mai.
Era una sera solitaria, lessi un libro, finché il mio cuore divenne arido. Mi pareva che la bellezza fosse una cosa plasmata da mercanti di parole. Stanco, chiusi il libro e spensi la luce. In un istante la stanza fu inondata dal chiarore zebrato della luna. Il cielo era di un blu notte e la luna sembrava riposarsi su di esso come un fiore che galleggiava seguendo una corrente invisibile.
In quella stessa notte, ritrovai me stesso perduto negli occhi di Lei. Delirava. Continuava a ripetere di patire quella passione. All’improvviso mi ritrovai steso ai suoi piedi con il cuore che mi spingeva verso di lei contro ogni ragione e mi chiedevo come avrei potuto salvare l’amore in quell’uragano.
Mi ero recato in riva all’Ulisse a cercare un raggio di sole con cui poter scaldare il mio di cuore. Nel grigio più grigio, visitai prima il mercato dei volatili per comprare degli uccelli per Lei. Poi mi recai al mercato dei fiori per comprare dei fiori, sempre per lo stesso amore. Mi recai al mercato dei rottami per comprare catene pesanti per trattenere il suo di amore.
Infine non mi restò che andare al mercato delle schiave per cercarla ma non la trovai. Disperato, avrei voluto affrontare con la spada in pugno quel suo amoroso sentimento, per rendermi libero da ogni desiderio mettendo ai ceppi la mia passionalità.
Da ragazzino avevo sempre seguito il principio: amo perché sono amato. Da uomo maturo ero amato perché amavo. Le sofferenze d’amore che risuonavano così spesso, le ripetute illusioni e delusioni che si incontravano, i tradimenti delle mie intime convinzioni, sentimenti e affidamenti, l’alternarsi di speranze e disperazioni, forse potevano essere affrontate con più vigore e convinzione se avessi avuto la consapevolezza e la competenza interna che ogni storia può avere un diverso finale e un differente personaggio da interpretare.
Troppo spesso mi ero lasciato coinvolgere dalla trama esterna della narrazione, appesantita nell’ascolto da ideologie e pregiudizi. L’amore e le sue conseguenze era un argomento in continuo svolgimento e declinazione nella vita delle persone e dunque anche nella sua. Senza la capacità libidica di investire e di rischiare di amare si soffoca lentamente, quietamente senza riuscire ad andare avanti, di non essere più in grado di essere se stessi e ci si lascia andare ad una grande sofferenza, soprattutto se si reputa di aver perso l’amore “giusto”, quello eterno.
Le sere azzurre di giugno, inondate di luce portano con sé parole lievi come il vento, eterne come le poesie di Rimbaud:
“Punzecchiato dal grano, a calpestare erba fina:
Trasognato, ne sentirò la freschezza ai piedi.
Lascerò che il vento mi bagni i lunghi capelli.
Non parlerò, non penserò a niente:
Ma l’amore infinito mi entrerà nell’anima,
E andrò lontano, molto lontano, da zingaro”.
Seducente il focus sulla natura terribile e insondabile delle passioni d’amore, intreccio complicato che comprende felicità e disperazione, narcisismo e paura della solitudine, in un continuo alternarsi di illusione e delusione. L’amore è uno degli stati emotivi più sconcertanti e contemporaneamente più naturali che attraversano la vita di un essere umano.
Secondo un mio modesto parere, era un piacevole attentato alla mia illusione di essere autonomo e indipendente e di non avere bisogno di nessuno, che verrebbe da chiedersi perché gli esseri umani si ostinano a tormentarsi, cercando qualcuno d’amare e da cui essere amati.
Non sarebbe più semplice accontentarsi di amarsi da soli? Il bisogno di amare e di essere amati può essere inteso come prototipo di ogni bisogno umano, e di ogni relazione tra esseri umani. Essere amati è desiderare di essere visti, e conosciuti, riconosciuti per quello che si è nella nostra interiorità più profonda e nascosta, nei nostri desideri più sfrenati di esistenza e di libertà.
Sono certo che è un bisogno di conoscenza, di riconoscenza, di ri-conoscenza. Se non puoi amare l’oggetto del tuo amore, sei condannato a “un perpetuo esilio da una patria inesistente”. Pensavo spesso alla famosa aria di Cherubino nelle “Nozze di Figaro” di Mozart: “Voi che sapete che cosa è amor, donne vedete se io l’ho nel cor. Quello che provo vi ridirò; E’ per me nuovo, capir nol so…. Ch’ora è diletto, ch’ora è martir….Ricerco un bene fuori di me, non so chi’l tiene, non so cos’è…Tu che sai che cosa è amor, Donna vedi s’io l’ho nel cor”
Questi versi rimangono sorprendentemente veri: mi chiedo spesso se l’emozione che si prova sia amore, e cerco risposte al di fuori di me e non nel mio cuore.
“Dea possente, non ti adirare per questo con me: lo so
bene anche io, che la saggia Penelope
a vederla è inferiore a te per beltà e statura:
lei infatti è mortale, e tu immortale e senza vecchiaia.” Omero
Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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