UNA FARSA CHE NON SUSCITA RISATE

Beaumont sur Mer


“Folle è chi si fida della docilità del lupo,
della salute di un cavallo,
dell’amore di un ragazzo
del giuramento di una puttana.” W. Shakespeare
La commedia della vita è faticosa e contorta. Esseri mani che ogni mattina si alzano con un piano e una psiche totalmente diversi risulterebbero talmente mutevoli da potersi adattare a qualsiasi tipo di racconto, in qualsiasi epoca. In questo modo si può passare da bugiardo a perfido buffone. Attualmente, uno di questi esseri umani occupa una posizione in una trama molto complessa, degna di una commedia degli equivoci depurata della sua macchinosità, sottoposta a limatura, fino a farne uno studio di comportamenti, una riflessione leggera sulla passione. Il fottuto dualismo tra ragione e sentimento tipico dell’essere umano.
Un classico, come il ‘dispetto d’amore’, del retaggio passivo di una tradizione, della immane fatica dell’umano che cerca un ordine ideale in cui collocare presente e passato, in una tensione senza tempo pur consapevole della propria contemporaneità, del proprio essere. I flirts, i malintesi subito dopo dissipati, i dispetti bonari e quei rimproveri “affettuosi, le tenere furtività, la passione; tutte le traversie morose immaginate , per poi regalarsi la gioia di allontanarle.
Tutto questo vortice non riusciva a mascherare la mia raffinata sensibilità. Facevo anche bella mostra di una vanità sublime e candida. Quando si pensava che volessero punire nel far mangiare pane raffermo, ecco che arrivava con la marmellata. “Sei sempre il solito”; “Mi hai deluso”. Sono solo alcuni “attestati di stima”. Ipercritica sul modo di essere e agire dell’altro e che, permettendolo, avrebbero potuto influenzare negativamente la di lui esistenza.
Un Paradiso. Un luogo dove potersi svegliare al mattino in uno stupore di gioia, ammirato dalla folle fortuna di essere innamorato della Regione più bella del mondo. Senza diritti perché appagato dall’amore per la propria terra, senza doveri dato che dava tutto se stesso quel sentimento.
Macché; non si trattava di arrampicarsi sugli specchi sacri: ci stavo già e mi rifiutavo di scendere. Volevo vivere in pieno etere fra gli aerei. Poi, ben lontano dall’attaccarmi alle mongolfiere, impegnavo tutto il mio zelo nel colare a fondo, suolandomi le scarpe con del piombo.
Con qualche briciola di fortuna mi è anche accaduto, a volte di sfiorare, su sabbie nude, delle specie sottomarine sconosciute. Molte altre volte, nulla da fare: una irresistibile leggerezza mi tratteneva in superficie, la superficialità di essere deriso da Amministratori del bene pubblico, nel far finta di rendere esecutivo una sentenza del Consiglio di Stato. Il mio abboccare al loro amo deve averli fatti scompisciare a tal punto da ritrovarsi con i pantaloni bagnati.
Avendo l’altimetro non funzionante propriamente, mi ritrovavo ad essere a volte giocoliere, a volte sommozzatore, spesso le due cose insieme. Mi ritrovai ad abitare in aria per abitudine e a rovistare il fondo senza alcuna aspettativa. Sommamente repellenti sono le mie fragili e inutili nozioni di Diritto e sanità mentale. Da buontempone ho insistito e chiedo a lor Signori:
“Come potranno mai le vostre teste
Senza riparo, i vostri fianchi scarni,
I vostri stracci pieni di feritoie e di finestre
Difendervi da simili turbamenti? “ Quasi Shakespeare
La mia non è una domanda retorica o uno sberleffo. La mia è una domanda che dovrebbe allarmarvi con profondi ancoraggi nella realtà quotidiana e provenienze impreviste che vanno ben oltre la banalità più o meno morbosa. Soprattutto perché avrete, ad un certo momento, piena consapevolezza che non si tratta di una sorta di “stato naturale”, una correlazione quasi automatica in cui l’attività politica assume la funzione di un pozzo da cui emerge la sporcizia delle fogne della società che avete agognato.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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