UN DOLORE LANCINANTE

“Jesce sole/Nun te fa cchiù suspira’/Siente mai/Ca li ffigliole/Hanno tanto da pria’/Da pria’/Sole, jesce sole”. Roberto de Simone.
L’altra sera è riemerso dalla mia mente una sera di qualche anno fa a Firenze. Invitato ad una cena insieme all’amica Viviana. Fra le persone presenti c’era anche l’architetto Leonardo Ricci, allora preside della facoltà di Architettura. Avevo letto alcuni suoi articoli che mi avevano entusiasmato. Così mi ritrovai a chiacchierare con lui sul ruolo dell’architetto nell’era moderna. Lui stava per lasciare l’università e andarsene in pensione. Mentre cercavo fortemente di concentrarmi su cosa stesse dicendo, venivo distratto, di tanto in tanto, dalla bellezza di una donna che si accompagnava ad un altro professore.
Ciò che rimane di quella conversazione sono i frammenti di un suo sogno segreto. Poter progettare e costruire una sola casa. Qualcosa che assomigliasse ad una chiesa ma nel suo significato primo di casa per tutti. Una casa aperta giorno e notte. Una casa in grado di permettere alle persone di socializzare e conoscersi. Un’ agorà, non certo virtuale, per rompere il cerchio di solitudine, alienazione e odio. Una casa per tutti coloro che vivevano nelle città e sentivano il desiderio di stare insieme in pace e con amore. Era un sogno che per realizzarlo non poteva progettarlo e costruirlo da solo.
Era il racconto di un grande irregolare della cultura italiana del secondo ’900, un intellettuale caratterizzato da un netto furore laico. Un uomo quell’uomo; quell’architetto visionario che alla fine della sua carriera voleva essere ricordato come un rivoluzionario.
Si era formato durante la 2° guerra mondiale all’interno di una cultura minoritaria e per molti versi radicale come quella valdese (a Firenze contava personalità come Franco Fortini e Giovanni Klaus Koenig). Finita la guerra Ricci fu l’animatore di alcune esperienze sociali uniche, come la comunità di Agàpe, costruita facendo spaccare e trasportare le pietre a giovani ex partigiani e fascisti perché anche loro imparassero a “ricostruirsi” insieme.
Quello che sta succedendo in tutto il mondo occidentale e non solo, avrebbe fatto inorridire il visionario Ricci e la sua idea di convivenza. Ci sono delle notevoli rotture in corso. Non si tratta soltanto di un “di più” della stessa cosa.
Siamo di fronte a una serie imponente e diversificata di “espulsioni” sociali, una serie che segnala una più profonda trasformazione sistemica, che viene volutamente documentata a pezzi, in modo parziale, in studi specialistici diversi, e dunque non viene narrata come una dinamica omnicomprensiva che sta conducendo l’umanità in una nuova fase del capitalismo globale, e della distruzione globale.
La pandemia che pure ci ha cambiati nel profondo, nelle abitudini quotidiane, nella percezione dell’esistente e del futuro, ci ha piegati decisamente ma non completamente abbattuti. Dopo quello che stiamo sperimentando in due anni sulla vita pre-pandemica c’è una risposta conflittuale, tra cui vorrebbe mettere indietro le lancette e chi ritiene di voler cogliere l’opportunità del cambiamento con tutte le modalità di resilienza ma anche di diversi valori della vita che stiamo sperimentando.
Negli ultimi tempi ho avuto modo di leggere alcuni scritti di politologi statunitensi, Joseph Uscinski e Joseph Parent . I due sembrano avere degli ottimi spunti che argomentano come delle spiegazioni di eventi storici, presenti o futuri, in cui il principale agente è un gruppo ristretto di persone che stanno progettando una riduzione drastica della popolazione mondiale.
Che brutto scrivere quando mancano i segni, mancano gli occhi delle persone vive di fronte a te. Manca soprattutto la ‘presenza’ degli altri di quelli che annegano nel mare di Ulisse e che non avranno mai una casa.
Sto guardando il cielo sopra di me. Le foglie stamattina si muovevano appena. L’aria tremava e veniva da lontano, come dalla preistoria. Un suono ovattato, attutito, tanto da diventare ‘ricordo’, era il rumore di un elicottero. Strano! Sembrava il suono di una libellula che faceva fatica ad alzarsi dal suolo; mentre implacabile una notizia perforava i miei timpani: “Israele ha ucciso oggi il professor Nasser Abu Al Nour, professore presso la facoltà di infermieristica presso l’Università IUG di Gaza, insieme a 7 membri della sua famiglia in un attacco alla sua casa.” Intanto, dalle finestre del servizio pubblico RAI, veniva esposta la stella di David della bandiera israeliana!
‘Sole splendimi sin dentro al cuore, vento caccia via pensieri e pene, non v’è al mondo diletto maggiore che andar vagando sconfinatamente.’ (Herman Esse)
Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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