Beaumont sur Mer – In un qualsiasi contesto sociale con un minimo di sensibilità “liberal democratica” quello che sta accadendo da noi sarebbe considerato inammissibile. In questi giorni si celebrano le false “festività”, liturgia ormai inutile in quanto insignificante.
il silenzio degli intellettuali calabresi in questo periodo fornisce un quadro che ricorda tristemente l’arroccamento nella turris eburnea della cultura ai tempi del Fascismo. Intellettuali: non dovreste avere a cuore la libertà e la ricerca della verità? Dove è finita la responsabilità civile, sociale e politica che vi sono state affidate da donne e uomini coraggiosi vissuti prima di voi, che vi hanno consegnato un Paese che credeva nel proprio futuro, che anche l’oltraggioso silenzio della maggior parte di voi sta riducendo ad una farsa da operetta?
Nonostante tutto, il popolo silenzioso continua a convivere con questa realtà assurda, proprio con il silenzio, nella sua rovinosa progressione. A qualcuno potrebbe sembrare strano questo silenzio assenso. In realtà le motivazioni si perdono nella notte dei tempi, come si suol dire. La forza dei poteri forti come tante altre, è sorretta anche da una schiera ciarliera di Sparaballe, di giornalai che hanno dimenticato che l’adulazione e il servilismo minano profondamente la qualità della già barcollante situazione sociale.
Mentre si “dibatte” con parole sempre più vuote di soluzioni per risollevare la drammatica situazione, si continua ostinatamente a ignorare le persone che soffrono. Disoccupati costretti a lavorare in nero, precari imprigionati nel limbo dei contratti a termine, pensionati che stentano ad arrivare alla fine del mese, immigrati preda dello sfruttamento, giovani che partono, giovani che non studiano e hanno abbandonato la ricerca di un lavoro stabile. Persone, queste, che rappresentano una fetta consistente della popolazione: si tratta di una maggioranza invisibile e silenziosa perché ignorata da politici e benpensanti.
Forse varrebbe la pena impegnarsi e far luce sulle ragioni del disagio sociale che oggi paralizza questa parte della Calabria e ricostruire gli eventi che hanno condotto alla palude melmosa in cui siamo impantanati, proponendoci una nuova visione “progressista” capace di dare voce a chi da troppo tempo lavora senza ricevere nulla in cambio. Una maggioranza invisibile, fatta da disagiati, precari, disoccupati, volontari e pensionati.
“La mia è una visione apocalittica. Ma se accanto ad essa e all’angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare.” P.P. Pasolini
La legge, nata per proteggere gli oppressi, dovrebbe stigmatizzare un simile comportamento degli oppressori, prevedendo dei meccanismi processuali rapidi e puntuali a difesa del cittadino. Corruzione, corrotti, corruttori. Non si parla d’altro. Ma come? Non avevamo stretto un patto col destino dopo Tangentopoli? Che mai più saremmo incorsi in simili orrori. Nulla dunque può spezzare l’aurea catena che dalle origini della patria va ai corrotti e abbraccia in sé destrosi e sinistrosi, senes, viri et iuvenes?
Una visione d’insieme dovrebbe abbracciare anche i molti sintomi del saccheggio sistematico di risorse comuni praticato, in un’atmosfera d’impunità, da una cerchia corrotta e corruttrice: i “misteriosi” bilanci pubblici, i ricorrenti disastri ambientali, l’ignorare le innumerevoli richieste di chiarimento su varie faccende che riguardano tutti i cittadini, il consumo dissennato del territorio, il degrado di opere e servizi pubblici.
Per vedere tutta la virtù di Mosè, diceva Niccolò Machiavelli, è necessaria tutta la miseria di Israele. Più prosaicamente, si coglie in questo quadro la piena sintonia con quel grumo di interessi opachi che accomuna ampi e trasversali segmenti della nostra classe dirigente verso un obiettivo condiviso: estendere il proprio invisibile dominio cleptocratico, rendendo più efficiente e sicura l’appropriazione congiunta della smisurata rendita della corruzione.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik