TRIESTE HA VINTO LA SFIDA DELLA LOGISTICA E DELLE CROCIERE

La visita al porto organizzata da Cscmp Italy Roundtable

Lo scalo vanta numerosi primati, compreso quello delle “navi bianche” turistiche e dell’intermodalità

Franco Vergnano (per Viagginet.com)

Trieste, città mitteleuropea per antonomasia, vanta diversi privati. Tra questi, negli ultimi anni, quello di essere diventato il primo “porto ferroviario” italiano, cioè di detenere il maggior traffico ferroviario di container e di star scalando le posizioni nazionali per quanto riguarda gli attracchi crocieristici. Inoltre il porto sta elettrificando le banchine, grazie anche ai fondi del Pnrr.

Del resto lo scalo triestino è da sempre legato a filo doppio al trasporto su ferro. Dotato di 70 km di binari che servono tutte le banchine e rendono possibile la composizione dei treni intermodali direttamente nei terminal, esso rappresenta infatti il più importante scalo ferroviario del Sud Europa. La crescita vertiginosa, che l’ha visto protagonista dal 2015 ad oggi, è stata trainata proprio dai servizi di logistica ferroviaria e dal suo modello innovativo che trascende il sistema portuale come tradizionalmente inteso. Lo scalo triestino è il cuore, infatti, di un sistema logistico regionale che si estende anche al di fuori del porto franco nuovo e arriva nelle aree retroportuali di Aquilinia e Servola, fino a toccare gli interporti di Fernetti, Gorizia e Cervignano. Questo network, perfettamente integrato con una piattaforma industriale in regime di punto franco, rappresenta sicuramente una best practice ad alta valenza strategica e un’opportunità per lo sviluppo di sempre nuovi traffici.      

E’ quello che è emerso durante una visita di operatori economici organizzata da Cscmp Italy Roundtable, l’associazione di professionisti del settore senza scopo di lucro. “Il porto di Trieste è il simbolo della rinascita e della crescita di tutto il sistema portuale italiano negli ultimi anni. E questo grazie a una virtuosa convergenza di fattori economici, tecnologici e gestionali, oltre al supporto di tutte le componenti del territorio e delle altre forze produttive. Grazie a questo sviluppo, del quale si giova l’intera area circostante, il porto giuliano ha recuperato il ruolo di terminale marittimo di riferimento per l’Europa centrale, in misura anche maggiore rispetto a quando era il principale sbocco al mare dell’impero austroungarico, nei decenni a cavallo tra il XIX e il XX secolo”. Così Igino Colella, presidente della Italy Roundtable (sezione italiana) del Council of supply chain management professionals (Cscmp), ha introdotto i lavori di una visita alle strutture portuali, riservata a professionisti della logistica, consulenti, manager, imprenditori e utenti finali, organizzata in collaborazione con Adriafer, società che gestisce appunto il sistema integrato tra i terminal marittimi del Porto di Trieste, gli hub terrestri e la rete ferroviaria nazionale.

Lo sviluppo dello scalo triestino, che è dotato di circa 900 metri di banchine, di un piazzale di 150mila metri quadrati, due magazzini normali e uno refrigerato, e che si giova di fondali naturali (che non devono quindi essere dragati) di 18 metri, si fonda su quattro elementi di eguale importanza e strettamente interconnessi tra loro. In primo luogo, la rigorosa organizzazione e programmazione dei lavori. Grazie a un sistema informatico sofisticato ma al tempo stesso di agevole accesso per l’utenza, il traffico portuale in entrata e in uscita e le relative operazioni di gestione di carico e scarico delle merci sono regolati con grande fluidità. L’andamento degli ingressi e delle uscite è quindi regolare e snello, senza tempi di attesa. Lo stesso dicasi per i tempi di lavorazione delle merci, che sono pianificati in funzione delle diverse tipologie di prodotti, dei rapporti con spedizionieri e delle destinazioni. Una programmazione e un controllo che si estendono addirittura alla circolazione stradale cittadine, in quanto è possibile regolare in funzione del traffico portuale i tempi dei semafori nelle strade circostanti il porto, riducendo in questo modo i tempi di attesa e soprattutto evitando congestioni.

Il secondo fattore al quale il porto di Trieste deve la sua efficienza è costituito dalla valorizzazione dell’intermodalità. “L’elemento chiave per il successo – racconta Maurizio Cociancich, amministratore delegato Adriafer e consigliere direttivo Cscmp Italy Roundtable – è la possibilità per tutti gli utenti del porto di avere un interlocutore unico, che garantisce la massima efficienza nel coordinamento dei servizi”. Da questo punto di vista sono stati già raggiunti e superati, con largo anticipo, sia il target Ue 2030 per unità di trasporto modale (fissato in 70% gomma e 30% rotaia), sia il target Ue 2050 per lo shift modale dei container: già oggi, più della metà dei container viene trasferito dalle navi alle rotaie. Le diverse esigenze di trasporto e tutte le combinazioni posso essere soddisfatte con la massima efficienza: i cargo ro-ro (roll in/roll off) trovano banchine appositamente predisposte così come quelli che prevedono lo scarico e il carico dei container con gru di diversa portata (lo-lo, lift on/lift off). Inoltre, quasi tutte le strutture portuali sono attrezzate con binari ferroviari in grado di ospitare treni lunghi fino a 600 metri che possono accedere, dal porto, direttamente alla rete ferroviaria italiana e internazionale.

La terza componente è quella di carattere amministrativo, nella quale ha un ruolo predominante la digitalizzazione che consente procedure di controllo doganale e accesso alle zone del porto più snelle, digitali e green. Il tramonto dei documenti cartacei, sostituiti dall’utilizzo sistematico dei codici a barre, tramite la piattaforma Sinfomar (già utilizzata per l’informatizzazione di molti passaggi necessari al funzionamento del porto da Authority, spedizionieri, Guardia di finanza e Agenzia delle dogane) consente di ridurre al minimo i tempi di attesa. La piattaforma triestina di port community system è, in pratica, un caso per ora unico, che vede protagonisti gli spedizionieri, che si occuperanno di gestire e completare questa nuova procedura informatica, mentre gli autotrasportatori dovranno accertarsi di avere con sé il preavviso di arrivo in formato digitale prima dell’accesso al porto, verificando autonomamente, sempre all’interno del Sinfomar, che l’ingresso del proprio mezzo nelle aree portuali sia consentito. Il sistema è stato introdotto dopo un lungo periodo di prove tecniche alla quale si è aggiunto un meticoloso lavoro di perfezionamento.

Infine, quarta carta vincente, lo status di porto franco, che fa della città giuliana lo scalo ideale per merci e prodotti di passaggio in Italia e diretti a destinazioni continentali. Tutte le pratiche doganali sono gestite in modo digitale, snellendo in misura decisiva le procedure e velocizzando quindi i tempi operativi. Numerosi i vantaggi: tutte le merci, sia comunitarie sia extracomunitarie, possono essere depositate senza limiti di tempo e non pagano né dazio né Iva per l’intera durata della permanenza. Inoltre, i prodotti possono essere lavorati anche all’interno di strutture industriali e possono essere depositati senza necessità di una fidejussione per i diritti doganali. Se la merce extra Ue è importata, è possibile differire di 180 giorni il pagamento del dazio e dell’Iva. Infine, l’importo dei diritti marittimi è inferiore rispetto al resto d’Italia.

Sono soprattutto (anche se non solo) le navi provenienti dalla Turchia con prodotti destinati alla Germania e agli altri Paesi mitteleuropei a utilizzare le strutture portuali triestine. E la convenienza è tale che oggi Trieste sta recuperando traffico anche nei confronti dei grandi porti del mare del Nord, come Rotterdam e Amburgo. Con 55,4 milioni di tonnellate e circa 760 mila container movimentati, è infatti al primo posto in Italia per tonnellaggio totale (ottavo in Europa) e traffico ferroviario (9.300 treni nel 2021), oltre ad essere leader europeo nel trasporto marittimo a corto raggio e il primo scalo petrolifero del Mediterraneo.

Per quanto riguarda la sostenibilità, sono previsti finanziamenti e progetti per quasi 30 milioni di euro come contributo all’acquisto di mezzi operativi portuali e gru elettriche da parte dei terminalisti e operatori portuali, per produzione di energia da fonti rinnovabili quali impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici portuali e pale eoliche sulle dighe foranee, interventi di efficientamento e di riqualificazione energetica degli edifici portuali e dei sistemi di illuminazione, realizzazione di infrastrutture per l’alimentazione e ricarica dei mezzi elettrici.

.

.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *