Spifferi di palazzo 19

PREMIERATO: IL “CAVALLO DI TROIA” DI MELONI

          Il premierato è il cavallo di troia della Destra meloniana: riscrivere la Costituzione antifascista, esautorare il Parlamento più di quanto già non lo sia, ridurre di fatto il Capo dello Stato a Re Travicello, prendersi i “pieni poteri” sfuggiti a Salvini nel 2019, tagliare le gambe al dissenso e portare il Paese nella “cosiddetta” terza repubblica,  che per ora è solo uno slogan elettorale in vista delle Europee di giugno.

Ma andiamo per ordine. Scardinare il sistema pensato da fior di giuristi dopo la caduta del fascismo è sempre stato Il ”vero” obiettivo della Presidente del Consiglio, cresciuta e formatasi politicamente nelle sezioni “nere” della Garbatella. Tanto da inserirlo tra i punti del programma elettorale di Fratelli d’Italia. Una storica “rivincita” – se il disegno dovesse andare in porto –  per una forza politica relegata da sempre all’opposizione. Almeno fino alle elezioni dello scorso anno.

Ed è grave che la Presidente del Consiglio dimentichi che il giuramento prestato sulla Costituzione cancelli, o ridimensioni, il suo essere “anche” segretario di Partito per rivestire quello di statista. Mi rendo conto che l’espressione è forte, e non calzante per lei, ma è così! Anche se sulla confusione dei ruoli il Presidente del Senato Ignazio Benito La Russa forse le ha fatto da “cattivo maestro”.

 In realtà il premierato, che Giorgia Meloni enfaticamente spaccia per la “madre di tutte le riforme”, non è altro che un’alterazioni degli  equilibri costituzionali ed un mostro giuridico, privo di adeguati contrappesi, utile solo a “questo” Presidente del Consiglio  per diventare titolare di un potere senza eguali nella storia del dopoguerra. Proprio ciò che i Padri costituenti hanno cercato di evitare, affidando ai Partiti, oggi praticamente scomparsi, il compito di educare il popolo al confronto.

E non è un caso che proprio la Meloni abbia scartato, da subito, l’idea della costituzione di una commissione parlamentare di deputati e senatori – che sul Colle, a quanto si sa, sarebbe stata accolta con favore – ben sapendo che  un organismo così bilanciato non le avrebbe consentito di ottenere i pieni poteri. Che è poi quello che lei vuole.

 De resto, “comandare” in materia autoritaria è nel suo DNA, come dimostrano quasi tutti gli atti di questo Governo, compreso l’ultimo “pacchetto sicurezza” con alcuni reati per i quali già esistono norme ad hoc ma ingigantiti solo per motivi di propaganda. Inoltre, tra le altre misure, si prevedono ulteriori armi alla polizia anche quando non è in servizio, la possibilità del carcere per le donne incinte o con bambini da 1 a 3 anni, una stretta sui blocchi stradali che di fatto limita la possibilità di manifestare.  

 Ma siamo sicuri che di questo abbia bisogno il Paese, già in affanno per la situazione economica? E c’è bisogno di una donna forte e sola al comando? O piuttosto, per la governabilità, male endemico dell’Italia, non è il caso di pensare a  riforme più soft, certamente migliorative dell’attuale sistema ma che non tocchino l’impalcatura generale della  Carta?

Infatti, anche gli “inciampi” del governo, quando ci sono stati, non sono venuti né dalla Costituzione né dal Capo dello Stato né dal Parlamento, sia pure ridotto in questo ultimo anno ad un bivacco di manipoli,  ma dalle tensioni interne alla sua coalizione.

Non a caso Aldo Moro ricordava che la malattia italiana non era la forma parlamentare ma la crisi del sistema politico e dei partiti.

Più che alla modifica della forma di governo servirebbero allora altri correttivi, che per esempio la Bicamerale avrebbe potuto mettere a punto, come l’introduzione della sfiducia costruttiva, l’adozione finalmente di una buona legge elettorale, il ritorno al proporzionale con uno sbarramento veramente alto, una legge sui partiti e, perché no,  il ripristino del finanziamento pubblico con tetti ragionevoli e controlli severi.

Diciamo la verità: Il premierato” serve” solo al neo-autoritarismo di Giorgia Meloni ed a cancellare una Costituzione partorita dai Padri antifascisti, approvata a larghissima maggioranza ma che la destra ha visto sempre come fumo negli occhi. Al suo posto la Premier preferisce una Costituzione “di parte”, intestata ad una “madre” erede di un partito postfascista.

Solo che non tutte le ciambelle escono con il buco. Ed il buco in questo caso si chiama…referendum. Per volare troppo in alto ad Icaro si bruciarono le ali…

PdA

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