STRAVAGANZE

Beaumont sur Mer- E’una cosa bizzarra osservare vecchie foto. È come guardare attraverso una finestra nella memoria del passato. Ricordando come mi vestivo, chi erano i miei amici, le ragazze che mi piacevano, come mi sentivo e ciò che era importante per me in quel momento. Ho evitato guardare indietro per un bel po’ perché ero convinto che ciò mi avrebbe messo in uno strano stato d’animo e talvolta mi avrebbe reso un po’ triste per ciò che avevo perso.

Io in realtà mi divertivo un bel po’, ridevo poco, ma mi sentivo sereno nel cuore. È inaccettabile come, tanti ricordi e le emozioni di una foto possono turbare lo scorrere del tempo di una persona. Guardando delle foto – soprattutto quelle scattate durante la mia adolescenza mi riempiono  sempre di gioia e di tristezza per quello che sapevo che stesse arrivando e che cosa stavo attraversando in quei momenti.

L’adolescenza è stata piuttosto dura con me, (almeno così l’ho vissuta) quindi sapevo cosa sarebbe successo e che non sarebbe stato solo cioccolato e farfalle. Ero cosciente di essere un ragazzo forte. E alla fine, ne sarei uscito irrobustito. Da quasi adulto, rimasi completamente devastato quando mia nonna materna morì. Lei, per me, era immortale. Non avrei mai pensato di perderla, ma l’ho persa.

 Questo mi ha straziato il cuore in tale modo che semplicemente non riuscirei mai a descriverlo senza imbrattare 20 pagine o più. Ma, riguardando nello specchietto retrovisore, riesco ancora a vedere, anche se in modo sfocato, il breve tempo trascorso insieme a Lei quando ancora non c’era nessun altro a interferire.

Quindi, sì può essere nostalgici del passato, solo se i nostri ricordi pendono nella giusta direzione. Quando è stata l’ultima volta che ho annusato una rosa? Quando è stata l’ultima volta che mi son seduto in un parco, o su una spiaggia e ammirare ciò che mi circondava? Non saprei rispondere sinceramente.

A un certo punto ho deciso di collocare la mia città natale nello specchio di uno scompartimento di seconda classe di un treno che correva verso nord. La gente pensava che ero fuori di testa quando ho detto loro che stavo preparando la valigia per mettermi in cammino verso il Canada occidentale, casa del Grande Blake e delle Giubbe Rosse. I miei amici non potevano crederci e in alcuni momenti, neanche io riuscivo a farlo. Ma, mettendo in un angolo della mia mente la paura, con la mia valigia, un rasoio elettrico, per quando la barba sarebbe cresciuta, avrei lasciato l’Italia.

In una modesta camera d’albergo presso il porto di Napoli, passai la mia ultima notte. Il vento aveva smesso di rumoreggiare cupamente e non si udiva nessun rumore eccetto la goccia d’acqua che attraverso fessure raggiungeva la parte bassa della strada scivolando foglia dopo foglia, sul marciapiede color del rancore. L’aria fredda, umida e limpida; e anche il suono dell’acqua mi era indifferente. Non riuscivo a dormire. Con movimenti da automa mi ritrovai davanti a dei cassetti di una scrivania che occupava un angolo di quella mia stanzetta! Qualche anno dopo, sull’isola di Wight, in Inghilterra, me ne stavo seduto nei pressi di una terme Romana, leggendo “On the Road” del Canadese Jack Kerouac.

, “Soon it got dusk, a grapy dusk, a purple dusk over tangerine groves and long blonde fields; the sun the color of pressed grapes, slashed with burgandy red, the fields the color of love and Spanish mysteries.”

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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