HO INCONTRATO UNO PSICO-CLOWN

Beaumont sur Mer – In questi giorni, per molti aspetti simili all’epoca in cui c’era un profondo senso di sfiducia nei confronti della vita, del progresso e della ragione, in cui la mediocrità umana prevaleva su ogni ideologia e il relativismo prevaleva in ogni strato sociale, il rapporto tra le persone era notevolmente cambiato.

Non c’era più il contrasto identitario poiché i più grandi e i più giovani erano consapevoli del crollo di ogni ideologia assoluta. Inoltre, vi era una certa incapacità di comunicare, principalmente a causa del profondo divario socio-culturale. In questo clima, tipico di una società fortemente fondata sul conformismo, dove il non saper twittare è considerato una nuova forma di analfabetismo, essere “diversi” rischia di diventare pericoloso perché ispira paura.

Oggi un pantalone rosa potrebbe diventare un ripetuto oggetto di scherno, un improvviso balbettio motivo di derisione. Fino a liquidare come una “bravata” l’idea disgustosa di gettare una persona dalla personalità fragile in un bidone della spazzatura, o quella di legare un disabile a un albero, e pubblicare le sue foto su Facebook per amplificare la portata dell’umiliazione inflitta.

La vera differenza, unita alla piena consapevolezza di sé e di ciò che era stato, non si raggiunge con risate beffarde, ma solo affrontando l’ostacolo in un confronto ad occhi aperti, indispensabile per la definizione matura di sé e la seria proposta di un ‘contrariamente’ che potrebbe essere davvero realizzabile.

In questo ha giocato un ruolo importante il cosiddetto progresso tecnologico, che si è trasformato nell’espropriazione della “memoria” e della storia che ha proclamato il trionfo della cultura del nulla in un mondo di servi e sonnambuli. L’universo della nuova tecnologia e della razionalità ha avuto come risposta un’irrazionalità diffusa e quindi del tutto impotente.

In questo contesto le erbacce hanno dato il via ad una rivoluzione anestetizzante  che si è compiuta silenziosamente sotto i nostri occhi ma noi non ce ne siamo quasi accorti: la “mediocrazia” ci ha travolti. I mediocri sono entrati nella stanza dei bottoni e ci spingono a essere quasi come loro, un po’ come gli alieni del film di Don Siegel “L’invasione degli ultracorpi”.

Non c’è stata nessuna presa della Bastiglia niente di comparabile all’incendio del Reichstag e l’incrociatore Aurora non ha ancora sparato nessun colpo di cannone. Tuttavia, l’assalto è stato già lanciato ed è stato coronato dal successo: i mediocri hanno preso il potere.  L’altro giorno ne ho incontrato uno in una struttura che doveva essere “La Casa della Cultura”. Drammatico, assolutamente drammatico.

Ho visto lo stesso mediocre incoraggiare la mediocrità e prescriverla in un soliloquio televisivo. L’ho visto controllare, gestire, indirizzare, manovrare, ma anche incolpare e sacrificare i suoi sudditi, che di norma, e per definizione, non hanno la personalità per imporsi e quindi nemmeno per opporsi. Ma soprattutto il mediocre esclude, anche con violenza, dandogli del “cretino” chi non si adegua, chi non sta al gioco: “Per punire una mancanza di sottomissione si arriva ad uccidere simbolicamente”

Ma perché i mediocri hanno preso il potere? Come ci sono riusciti? Insomma, come siamo arrivati a questo punto?
La “rivoluzione anestetizzante”, così la chiama il professore Alain Deneault, è l’atteggiamento che conduce l’uomo a posizionarsi sempre al centro, anzi all’”estremo centro”. Mai disturbare e soprattutto mai far nulla che possa mettere in discussione ciò che dice e fa il Conducator.

L’era che vedeva l’uomo come un essere sociale che interagiva con gli altri e che da questa interazione traeva nutrimento emotivo e intellettuale, sembra essere finita. A questa triste realtà ha contribuito un inevitabile isolamento sociale che non ha fatto altro che contribuire a sviluppare questa attitudine, evidenziando nuovi ritmi e modalità di lavoro, di formazione, di interazione in genere. Se interagire nella società era un’esigenza naturale dell’essere umano, il suo opposto, cioè l’isolamento sociale, dovrebbe sollecitare preoccupazioni e allerte.  

Poiché la nuova tecnologia è relativamente recente, esistono poche ricerche indipendenti per stabilire le conseguenze a lungo termine, buone o cattive, dell’utilizzo dei social media. Tuttavia, numerosi studi stanno evidenziando un forte legame tra i social media pesanti e un aumentato rischio di depressione, ansia, solitudine, autolesionismo e persino pensieri di addio alla vita.

 “Vorrei …che l’oggi restasse oggi senza domani /o domani potesse tendere all’infinito”. Francesco Guccini.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *