Spifferi di palazzo 11

MANOVRA ECONOMICA: MELONI SE LA CANTA E SE LA SUONA

          La definisce “seria e realistica, che non disperde risorse ma le concentra su alcune priorità”. Giorgia Meloni presenta così la legge di bilancio del prossimo anno.

 E’ così? Non si direbbe, considerando anche la “blindatura” che il governo le vorrebbe imporre e, quindi, l’impossibilità del Parlamento ad introdurre provvedimenti che eventualmente potrebbero migliorarla, soprattutto verso gli ultimi, i poveri, i migranti, gli emarginati.

          La Premier – e siamo alla seconda manovra dopo quella inizialmente “abbozzatale” da Draghi – si rifugia nelle difficoltà internazionali (due guerre) ed economiche dell’Italia per dire che delle cose grandiose promesse in campagna elettorale non se ne farà nulla. Il tutto rinviato, secondo un “mantra” di tutta la Destra,  alla fine della legislatura. Nel senso: C’è tempo, quello che non abbiamo fatto finora lo faremo nei prossimi  anni.

          Ma è difficile crederlo perché si ha l’impressione invece che il Governo, piuttosto confuso e “in competizione” al suo interno in vista delle Europee,  si basi sulla provvisorietà e manchi, anche per la “pochezza” di diversi suoi ministri, di una  visione complessiva sul futuro del Paese.

Vorremmo sapere da Giorgia Meloni, ma non ce lo dice, che Italia sarà quella che tra quattro anni ci consegnerà.

          E così si va avanti, “a spizzichi e bocconi”. A Roma si dice “se la canta e se la suona”. Nessuna “reale” presa in carico delle tante famiglie che hanno difficoltà a far quadrare i conti. Silenzio sui disabili dimenticati o sugli anziani non autosufficienti, tanto per fare qualche esempio. Così come il tanto sventagliato incremento dei sussidi agli asili nido è quasi del tutto irrilevante per avere effetti concreti sulla decisione di avere un figlio. Una giovane coppia ha difficoltà a programmarlo se vive di precarietà o di lavoro povero, se non sa se il posto di lavoro domani ci sarà ancora, se deve dipendere ancora dai propri genitori perché lo Stato non è in grado di assicurare servizi che, all’estero, sono invece la normalità.

Vero è che la coperta è corta ma è sulle scelte che si misura la capacità di un Premier: dare spazio alle concrete necessità della gente o soddisfare le esigenze, spesso solo elettorali, di qualche alleato “bizzoso”?

PdA

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