AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI FINO AL 28 GENNAIO
Al Palazzo Esposizioni Roma è in corso la prima grande retrospettiva in Italia e, a oggi, la mostra più ampia mai dedicata al fotografo britannico Don McCullin, nato nel 1935 a Finsbury Park a Londra e oggi riconosciuto come uno dei più grandi fotografi del mondo.
La mostra presenta in maniera esaustiva le diverse fasi del suo lavoro, sino alle fotografie più recenti nelle quali, in una sorprendente visone d’insieme, l’autore sintetizza le sue esperienze più radicali. L’esposizione si protrarrà fino al prossimo 28 gennaio ed è curata da Simon Baker, in stretta collaborazione con Don McCullin e Tim Jefferies e con l’assistenza di Catherine Fairweather, Jeanne Grouet, Lachlann Forbes.
Oltre a ripercorrere i momenti più significativi della carriera di McCullin, l’esposizione presenta la serie dedicata all’Impero romano, avviata negli anni Duemila, che lo stesso autore considera un punto di arrivo nel quale si sovrappongono, fondendosi, i temi cardine della sua fotografia: il ‘dolore’ delle immagini dell’Inghilterra ‘subalterna’ e quello delle guerre sparse nel mondo, e la ‘pace’ dei paesaggi del Somerset in cui McCullin si ‘rifugia’ per lenire la sofferenza delle sue esperienze di guerra.
Noto per il suo atteggiamento audace e diretto, mai privo di coinvolgimento emotivo nei confronti dei soggetti ritratti, McCullin ha dato vita ad alcune delle immagini di povertà, carestia e guerra più immediatamente riconoscibili di tutta la storia della fotografia. Ha anche documentato il paesaggio, sia in patria che all’estero, con lo stile e la passione che distinguono tutto il suo lavoro. Il percorso della mostra, composta da oltre 250 fotografie, si sviluppa attraverso sei diverse sezioni, una per sala, ciascuna dedicata a uno dei seguenti gruppi di opere: Esordi, Guerra e Conflitti, Immagini documentarie del Regno Unito, Immagini documentarie all’estero, Paesaggi e Nature morte, L’Impero romano.
Don McCullin è autore di oltre una dozzina di libri e le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private di tutto il mondo.
Nel corso degli anni, gli sono stati conferiti molti riconoscimenti, tra cui i prestigiosi premi del World Press Photo, il Cornell Capa Award dell’International Centre for Photography di New York per il contributo dato alla fotografia nella sua intera vita nel 2006, il Lucie Award per i suoi successi nel campo del fotogiornalismo nel 2016, nonché il premio alla carriera dell’International Centre for Photography nel 2020.
La sua importanza nell’arte britannica è stata confermata da una retrospettiva dedicatagli dalla Tate Britain nel 2019, poi replicata alla Tate Liverpool nel 2020. Nel 1993 è stato il primo fotoreporter a essere nominato Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico (CBE) e in seguito nel 2017 è stato insignito del titolo onorifico di baronetto.
Info: www.palazzoesposizioni.it
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BORIS MIKHAILOV: UKRAINIAN DIARY
AL PALAZZO ESPOSIZIONI FINO AL 28 GENNAIO
Al Palazzo Esposizioni Roma presenta la più importante retrospettiva fino ad oggi dedicata in Italia all’artista ucraino Boris Mikhailov (Kharkiv, 1938), curata da Laurie Hurwitz, in collaborazione con Boris e Vita Mikhailov. La mostra è promossa dall’ Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, prodotta dall’Azienda Speciale Palaexpo e organizzata in collaborazione con la Maison Européenne de la Photographie di Parigi.
Considerato oggi uno dei più influenti artisti contemporanei dell’Europa dell’Est, Mikhailov ha concepito, in oltre cinquant’anni, un corpus di lavori fotografici sperimentali che esplorano temi sociali e politici. Fin dagli anni Sessanta si è impegnato infatti a documentare i tumultuosi cambiamenti in Ucraina legati al crollo dell’Unione Sovietica e alle disastrose conseguenze della sua dissoluzione.
La sua pioneristica ricerca ha compreso negli anni la fotografia documentaria, il lavoro concettuale, la pittura e la performance. Concepita in stretta collaborazione con l’artista, la mostra riunisce più di 800 immagini dalle serie storiche più importante fino ai lavori più recenti.
Mikhailov ha perlopiù articolato il suo lavoro in serie, che variano enormemente in termini di tecnica, formato e approccio. La mostra riunisce le immagini selezionate da circa venti serie realizzate tra il 1965 e gli anni Duemila.
Mikhailov ha sfidato ogni categorizzazione scardinando codici visivi dati. Ha creato proficue connessioni tra fotografie e testi, e tra immagini diverse componendole spesso in sovrapposizioni e dittici su cui è intervenuto con sfocature, ritagli o colorazioni a mano che ne accentuano il carattere ironico, poetico o nostalgico. Fino a teorizzare il concetto di fotografia “di cattiva qualità”: immagini concepite volutamente a basso contrasto, sfocate, piene di difetti visibili, su carta di scarsa qualità, al fine di sovvertire l’immaginario glorificato del realismo sociale e della fotografia patinata.
Le serie create nel periodo in cui l’Ucraina faceva parte dell’Unione Sovietica puntano a mettere in discussione la memoria collettiva e a rispecchiare le contraddizioni sociali esistenti all’epoca. In Yesterday’s Sandwich, realizzata a partire dal 1965, l’artista mostra una duplice realtà, ambigua e poetica, giustapponendo bellezza e bruttezza. In Red (1968-1975) sottolinea l’onnipresenza del colore rosso, evocando la presenza pervasiva del regime comunista e il modo in cui si è introdotto nella coscienza individuale e nella memoria collettiva. Le serie Luriki (1971-1985) e Sots Art (1975-1986) sono una cinica riflessione sulla maniera in cui le immagini di propaganda idealizzano artificiosamente la realtà. Il lato nascosto dell’utopia del proselitismo è rivelato anche in Salt Lake (1986), immagini di bagnanti scattate clandestinamente sulla riva di un lago nel sud dell’Ucraina.
Mikhailov si serve spesso anche dell’umorismo come arma di sovversione: un mezzo di resistenza all’oppressione e un potenziale stimolo verso l’emancipazione. Così avviene nella serie degli autoritratti provocatori I am not I (1992) e National Hero (1992), dove più che una critica diretta della società si serve dell’autocritica e dell’ironia.
Altre serie realizzate durante e dopo il crollo dell’URSS testimoniano il fallimento sia del comunismo che del capitalismo in Ucraina e fanno luce sulle origini della guerra: da By the ground (1991) e At Dusk (1993) a Case History (1997-1998); mentre nell’emblematica serie Case History raffigura un ritratto devastante dei diseredati a Kharkiv, lasciati senza casa dalla nuova società capitalista.
Attraverso argomenti controversi trattati senza compromessi, Boris Mikhailov dimostra che l’arte possiede un potere sovversivo. Da oltre mezzo secolo, testimonia la presa del sistema sovietico sul suo paese, creando una narrazione fotografica complessa e potente della storia contemporanea dell’Ucraina che, alla luce degli eventi attuali, è ancora più toccante e illuminante.
Attualmente considerato una delle figure di spicco della scena artistica internazionale, nella sua carriera Mikhailov ha ricevuto molti premi prestigiosi, tra cui il Goslar Kaiserring Award nel 2015, il Citibank Private Bank Photography Prize (ora Deutsche Börse Photography Foundation Award) nel 2001 e l’Hasselblad Award nel 2000. Ha rappresentato l’Ucraina alla Biennale di Venezia nel 2007 e poi di nuovo nel 2017. I suoi lavori sono stati esposti nei principali musei di tutto il mondo: dalla Tate Modern di Londra, al MoMA di New York e, più recentemente, alla Berlinische Galerie e al C/O Berlin, al Pinchuk Art Center di Kiev, allo Sprengel Museum di Hannover, alla Staatliche Kunsthalle di Baden-Baden, alla Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Nel 2021, l’installazione con proiezione di diapositive Temptation of Death (2017-2019) è stata insignita del Premio nazionale Shevchenko, primo riconoscimento ufficiale del lavoro di Mikhailov in Ucraina.
Info: www.palazzoesposizioni.it