CARENZA DI GIOIA DI VIVERE

Beaumont sur Mer- Due giorni fa, dopo essermi fermato a comprare delle olive stavo risalendo in macchina, sono rimasto frastornato, nello scoprire che dai sedili posteriori erano scomparsi due fagottini con dentro dei peluche destinati a due meravigliose sorelline Gilda e Chiara. Sono rimasto dieci minuti lì, ancora incredulo per quello che era successo.

Per finire l’opera, tornando a casa e per non stare a spiegare troppe cose mi sono fermato in una via dove di solito non passa nessuno. Due lacrime solcavano il mio viso, investito da una folata di maestrale proveniente dal mare di Ulisse!

“Chi d’ambizion la vana lusinga non accende ed ama il sol che splende in libera contrada, chi vuole all’avventura suo cibo in bosco o lago cercare, sempre pago di ciò che da natura, venga qua’ in seno alla foresta; nemici non avra’ fuorche’ l’inverno e il vento e la tempesta”.

Se si è arrivati a tanto, non riesco a vedere nessun futuro per la mia Calabria. Se la voglia di restare al Sud è legata al furto di due piccoli peluche che se ne stavano tranquilli in macchina, si rende necessario pensare, invece, a creare opportunità di occupazione. Il lavoro che non c’è va inventato, rinunciando – se si ha il coraggio – alla politica di sussidi che fino ad oggi è stata attuata, con qualche rara eccezione. Con un quadro così, è difficile parlare di futuro.

Se si parla di giovani o ai giovani, due sono le sensazioni più frequenti che emergono: insicurezza e, peggio ancora, rassegnazione. Se facessimo un giro qui, sulla battigia dell’Ulisse, e chiedessimo ai ragazzi cosa pensano della Calabria, è difficile trovare qualcuno che non dica “tanto fra qualche anno sarò costretto ad andare via, dove sono nato non mi offre nulla”. I giovani vivono un senso di “esclusione preventiva” soprattutto di fronte all’unica offerta di lavoro che viene loro offerta dalla malavita.

Un mio antico professore di letteratura Italiana alle Superiori ripeteva sempre: “Il mattino ha l’oro in bocca” e per me è stato così per tutti gli anni che ho vissuto in Calabria. Non sono mai riuscito a capire cosa intendesse con quella frase. Da allora di acqua ne è passata tanta sotto il ponte che attraversa il fiume Catocastro.

Girando in macchina con l’amico Beribà abbiamo fatto visita ai Poteri, non ai poderi, di questa cittadina che sono stati  eccezionalmente abile in molti aspetti, uno di questi è stato il mascheramento. Il Potere deve rimanere nell’ombra, perché alla luce del sole avrebbe noie infinite da parte dei cittadini più attenti. 

E così ci ha rifilato una falsa immagine di se stesso nei panni dei politici, dei governi, e dei loro scherani, così che la nostra attenzione fosse tutta catalizzata su quelli, mentre il vero Potere agiva e agisce sostanzialmente indisturbato.

Generazioni di cittadini sono infatti cresciute nella più totale convinzione che il potere stesse nelle auto scintillanti, nei parlamenti nazionali, nelle loro ramificazioni regionali, e nei loro affari e mal affari. Purtroppo questa abitudine mentale è così radicata in milioni di persone che il solo dire il contrario è accolto da incredulità se non derisione. Letteralmente, ciò che si crede sia il potere non è altro che una serie di depistanti immagini con le relative tortine da spartire, a patto però che eseguano poi gli ordini ricevuti.

Quegli ordini sono le vere decisioni importanti su come tutti noi dobbiamo vivere. Oggi il vero Potere sta nell’aria che respiriamo, bisogna immaginare che esiste un essere metafisico, quell’idea appunto, che ha avvolto il mondo e che dice questo: ‘Pochi prescelti devono ricevere il potere dai molti. I molti devono stare ai margini e attendere fiduciosi che il bene gli arrivi dall’alto dei prescelti.”

I governi si levino di torno e lascino che ciò accada’. Da quando l’uomo ha iniziato a costruire, mettendo mattone su mattone, la torre è sempre stata il simbolo della città nella quale sorgeva o addirittura si identifica un’intera nazione. Un esempio contemporaneo? La Torre Eiffel: quale simbolo migliore per la Francia positivista di fine Ottocento?

Eppure, questa passione dell’uomo per ciò che svetta e penetra il cielo (la biblica sfida della Torre di Babele è oggi più che mai attuale) non è immotivata. Dietro alla torre e al desiderio di sfidare la gravità c’è anche qualcosa di molto, molto più concreto: la dimostrazione del potere. Il grattacielo è la perfetta metafora ed espressione architettonica degli orrori del sistema e, più in generale, della Modernità.

Quando il Club dei Potenti necessita di maggior riservatezza, si dà appuntamento in luoghi meno visibili dei grattacieli delle grandi capitali, e in questo caso prende il nome di Gruppo Bilderberg, dal nome dell’hotel olandese che ne ospitò il primo meeting nel 1954.

I“serbatoi di pensiero”, le Think Tanks sono esattamente delle fondazioni dove alcuni fra i migliori cervelli vengono reclutati per partorire idee. Il loro potere sta nell’assunto che sono le idee a dominare sia la Storia che la politica, e di conseguenza la nostra vita, in particolare l’idea economica. Il potere deve sempre essere manifestato in modi mastodontici, faraonici: se no, che potere sarebbe?

Sul suo palcoscenico esterno va in scena tutti i giorni una commedia della ripugnanza: i rifugi per i senza tetto in tutta la nazione respingono persone ogni notte perché non hanno più spazio. Qualcuno di loro ha la fortuna di rimanere vivo notte dopo notte. Durante l’inverno ormai alle porte, ci sarà sempre, particolarmente al Sud, qualcuno che, ogni tanto, apre lo sportello di una macchina per portar via due piccoli peluche.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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