MELONI E SCHLEIN, DUE NOVITA’ MA DUE FLOP. PER ORA
Giorgia Meloni urla: “sono una madre, sono cristiana e nessuno può togliermelo”. Elly Schlein le replica: “sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna”.
Due modelli diversi e opposti di donne che sono riuscite ad occupare posti-chiave in Italia, da sempre appannaggio degli uomini. La ragazzotta, cresciuta e formatasi nella periferia romana, è la prima donna premier – e per giunta di destra – “regina” indiscussa di Palazzo Chigi, tosta, decisa e diretta. La seconda, nata a Lugano da madre italiana e padre americano, è stata eletta nella primavera di quest’anno alla segreteria del maggiore partito di opposizione, il PD, con i gazebo delle Primarie che hanno ribaltato gli orientamenti degli iscritti.
Intelligente ma verbalmente indisciplinata per usare un eufemismo, con un modo di parlare dotto ma involuto e affatto chiaro, la Schelin appare indifferente – contrariamente alla Premier – alle curve di ascolti, ai giornali e alle televisioni che frequenta con molta parsimonia. Ha detto no a Monica Maggioni per “In mezz’ora” e al nuovo programma di Francesca Fagnani, solo per fare qualche esempio. Nessun “diario” e scarso interesse per i TG, invece saldamente in mano alla Destra che in un anno ha occupato ogni possibile spazio mediatico, economico e culturale con l’ambizione di “riscrivere” la storia del Paese.
Due donne quindi, anche nella comunicazione, molto diverse ma politicamente anche due flop: la Meloni dopo i primi mesi che promettevano bene, la Schlein da subito.
Con una differenza non di poco conto. La Prima governa, o dovrebbe governare, il Paese. E quindi i suoi errori se ce ne sono – e ce ne sono – ricadonlo inevitabilmente su tutti noi. La Segretaria del PD invece, per ora, non ha di queste responsabilità. Nessuno le contesta la bontà di un progetto che punta a “ripulire” il Partito e che fa a meno di correnti, caminetti e capibastone, ma occorre tempo e le europee – sulle quali verrà misurata – sono però dietro l’angolo.
L’altro problema che la segretaria del PD sembra trascurare è che il Partito è nato dall’incontro di due “famiglie”, i DS e i centristi della Margherita e degli uni, ma anche degli altri, si deve far carico. Altrimenti non schioda dal 20 per cento dei sondaggi con il rischio di farsi superare da Giuseppe Conte e di lasciare alla Meloni, che comunque si sta dimostrando inadeguata, un’autostrada di consensi.
Ma anche la Premier ha i suoi problemi: la “concorrenza” a destra dell’alleato Matteo Salvini, che soffre la premiership al femminile, e le cose dette durante gli anni di opposizione, oltre alle promesse elettorali lasciate a mezz’aria, che le si stanno rivolgendo contro come un boomerang. Lo stop all’immigrazione non c’è stato, le accise non sono state tolte, il blocco navale non è praticabile. In compenso si moltiplicano le gaffe dei suoi che lei tutela ad oltranza ai limiti dell’indifendibile, gli svarioni, il familismo, le contraddizioni tra l’abbraccio a Viktor Orban e le strette di mano con Ursula Von Der Leyen. Ed una serie di misure draconiane annunciate e poi largamente rimaneggiate.
Basti ricordare tra i primi atti del governo il decreto contro i rave party, poi rivisto e corretto, che in teoria avrebbe sanzionato con la galera anche le feste dei boy scout. Ma anche, di recente, i voli low cost e gli extraprofitti delle banche: Una lunga serie di provvedimenti scritti male, in fretta e furia, sull’onda emotiva degli accadimenti, ma poi modificati dopo le proteste. In definitiva un governo che “non fa” ma che va avanti per slogan e denuncia complotti e regie anti italiane.
Quello che la Premier non si è fatto mancare sono stati i viaggi all’estero (40 in soli 12 mesi) e certamente non per dare la caccia agli scafisti per tutto l’orbe terraqueo che di lei e delle sue minacce se ne fregano.
Ed anche qui troviamo l’ennesima “conversione” di Giorgia Meloni da quando è entrata a Palazzo Chigi: euroscettica, prima firmataria del ddl per cancellare dalla Costituzione il vincolo ai trattati europei ed ora Presidente del Consiglio in “armonia” con le istituzioni europee. Anche per liberarsi del peccato originale del trumpismo e volare a New York e farsi fotografare mani nelle mani di Joe Biden.
Cosa non si fa per restare a… galla! La sua fortuna sta in un’opposizione che stenta a trovare un percorso comune e che, direbbero i meteorologhi, “non è pervenuta”. Almeno fino ad ora…
PdA