OMAGGIO ALL’ARTISTA

Beaumont sur Mer-Mentre nuoto nel mare di Odisseo/Passo attraverso le cedevoli blu acque/in contrasto con il pallido turchese del cielo/ Penso alle creature che lo popolano/Cavallucci marini, pesci luna/Gabbiani e a volte anatre/le molteplici conchiglie e sassi/gemme di saggezza/La spensierata brezza/Onde che carezzano la riva/Rasserenano, innovano la vita.

Mi svegliavo al diciannovesimo piano di College Plaza, vicino all’Università dell’Alberta in Canada, con il cielo terso e la temperatura a 20 gradi sotto lo zero e per non farmi mancare nulla, pensavo all’idea che in Italia, dei “militanti professionali” avevano il compito di formare il pensiero dei lavoratori ad una politica riformista e non rivoluzionaria.

Mi era chiaro anche allora, che il Comitato Centrale della Sinistra italiana aveva assunto il ruolo di protettore di animali domestici. Questo implicava una concezione infantile del pensiero e totalmente lontana dal mio modo di vedere le cose dove lo stesso pensiero era ed è un momento della praxi, mentre i “professionisti” di partito cercavano e cercano di astrarlo e trasformarlo in una ideologia liberal-democratica dei lavoratori.

Mentre, nella testa di molte persone nel mondo, prendeva forma un pensiero operaio autonomo allo stato latente anche se disperso. Il pensiero liberal-democratico di “via democratica al potere” mi costrinse a rileggere attentamente alcune teorie marxiste. Anche perché attualmente si crede sempre meno al paradiso o alla terra promessa e l’umanità si ritrova intrappolata nella propria esistenza.

Una umanità obbligata ad accettare cose che però ritiene inaccettabili: la vita fatta di sofferenze, un fare non gratificante, fondamentalmente per sopravvivere, i rapporti affettivi appena sopportabili e quant’altro.

Ci si ritrova spesso divisi fra due desideri, quello di accettare, di subire e quello del non accettare, di rifiutare. La realtà in cui viviamo spinge a subire, mentre il desiderio contrario si sviluppa fino all’esasperazione e per un qualsiasi banale motivo , finirà per esplodere in tutta la sua violenza.

Le istituzioni, in tal senso, rappresentano da una parte, l’espressione sociale del desiderio e dall’altra la realtà esterna e costrittiva ad accettare. Dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale e dall’insediamento della Repubblica con il voto che garantiva la “democrazia bloccata” in Italia, gli “istruttori” del partito-istituzione, riuscirono a convincere il lavoratore ad essere pagato per il suo lavoro. Qualche intellettuale di sinistra cercò di spiegare che il salario non era per il lavoro ma per la vita stessa dell’uomo. Balle megagalattiche, come avrebbe detto Fantozzi.

Una vita-limone da spremere o lasciar marcire. I pochi che condividevano questo concetto vennero messi alla gogna e marchiati di estremismo e dannosi alla causa e alla società.

Ribellarsi, ancora oggi, non è possibile. Come finirà non lo so. Io spero che finisca in una specie di…quello che in Italia non c’è mai stato: una rivoluzione che non c’è mai stata in Italia e purtroppo, in questo sono d’accordo con quello che Mario Monicelli diceva: “Gli italiani, gli intellettuali, gli artisti sono poco coraggiosi. Sì, lo sono sempre stati. Sono stati 20 anni sotto un governo fascista ridicolo con un pagliaccio che stava lassù. Avete visto quello che ha combinato: ci ha dato un impero, ci ha mandato le falangi romane lungo via dell’impero; ha fatto le guerre coloniali, ci ha mandato in guerra. Eravamo tutti contenti perché c’era uno che guidava lui, pensava lui… Tutti stavano buoni e zitti”.

Queste parole vennero dette, prima che nel silenzio della notte decise di porre fine alla propria vita, da uno dei grandi della cinematografia mondiale. Lo stesso grande regista romano si sarebbe fatto impiccare piuttosto che parlare di “ispirazione”, di “anima”, di “creatività”. Non avrebbe mai detto “noi artisti” neppure sotto tortura, né avrebbe mai fatto un capriccio per ottenere il dovuto da una produzione, ma lo avrebbe fatto per ottenere l’inutile, e tutto a suo danno.

Detestava la parola “speranza”. Diceva sempre: “La speranza…è una trappola, una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni. La speranza è quella di quelli che ti dicono che Dio raccomanda di stare buoni, stare zitti, pregare per ottenere la vostra ricompensa nell’aldilà. Mai avere speranza! La speranza è una trappola, una cosa infame inventata da chi comanda”.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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