UN POPOLO TRAMORTITO

Beaumont sur Mer-

Dopo tanto viaggiare per così lunghi anni in terre lontane, una sola cosa mi resta di trovare, che invano ho cercato: un Meridionale completamente felice. Pur sapendo che per legge naturale muoiono le città e muoiono i regni, davanti a queste rovine mi parve cosa ignobile che una città così famosa fosse ricoperta d’erbacce, e non riuscii a impedire a me stesso di andare in bestia e strappare con rabbia non so quanti di quei cespugli che avevano avuto l’ardire di opprimere le rovine di quelle mura nobili e leggendarie.

Nacque, quindi, come colonia greca e, in quanto tale, non poteva che essere ubicata vicino al mare. In zona, inoltre, c’erano anche due fiumi, il Sibari e il Crati, che favorivano ulteriormente lo spostamento e il transito di merci. Proprio per questo motivo, la cittadina nacque come un modesto insediamento per poi diventare una delle città più potenti della zona.

Si tratta di una località bagnata dal Mare di Ulisse che, però, affonda le sue radici in un periodo molto remoto. Infatti, si può dire che la città di Sybaris nacque circa 2.700 anni fa, ossia nel 710.a.C. verso la fine del regno di Romolo, nel luogo in cui sorgeva da tempo una colonia di Achei.

“La desolazione che oggi si stende su una città sepolta e poi saccheggiata dagli scavatori, pure attesta ancora il gusto artistico a la gioia di vivere di un intero popolo”.

L’effetto di questa composizione, buona o cattiva che sia, è di lasciarmi in uno stato di dolce melanconia. Porto lo sguardo sui frammenti di un arco di trionfo, di un portico, di una torre, di un tempio, di un palazzo e ritorno comunque sempre a lei:

“Ne li occhi porta la mia pupilla Amore,

per che si fa gentil ciò ch’ella mira;

ov’ella passa, ogn’om ver eli si gira,

e cui saluta fa tremar lo core…,”.

Alla ricerca di anticipare il flusso del tempo, la mia immaginazione si dissolve sulla terra e su quei ruderi una volta pieni di vita. Di colpo, la solitudine e il silenzio regnano intorno a me. Sono solo, orfano di tutto un popolo che non c’è più.

Come il primo caffè del giorno

sbuffo alla prima luce.

Lungo la battigia dell’Ulisse corro

inseguendo la fenice.

Prima che sfumi l’immagine

dispiego la scimitarra

nell’ affermare un’utopia.

“In quest’angolo di Magna Grecia la natura si è manifestata con severa parsimonia: roccia e acqua! Ma queste rocce e queste acque sono una realtà, sono la materia di cui è fatto l’uomo. Un paesaggio così luminoso, così risolutamente sprezzante di ogni accessorio, necessita di essere espresso in forme semplici e audaci, ci porta verso la terra a cui apparteniamo, guarisce dalla malattia dell’introspezione e stimola quella capacità che corriamo il rischio di perdere nella nostra morbosa malinconia iperborea: la capacità di un sincero disprezzo.” Norman Douglas 

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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