RICORDI NELLA NEBBIA

Beaumont sur Mer-

In un lontano 1976, ero seduto, come ogni pomeriggio, ad un tavolo dell’Arts Building of the University of Alberta, Canada. Insieme alla mia persona c’erano Emilio Gatto, Peter Cole, Adriano Zenari e Andrea Hoffer. Argomento della discussione era il mio riconoscere alla macchina del caffè una sua autonomia e una sua morale. Puntuale come ogni giorno, la Coffee Machine, ci faceva trovare, ben visibile sul davanti, un messaggio sul suo pessimo caffè. Consigliandoci di non berlo.

Quel pomeriggio, una delle ragazze sedute intorno al tavolo, tirò fuori un libro dell’antropologo Bernhard J. Stern del 1937 dal titolo “Resistances to the adoption of technological innovation.

Recuperai in Biblioteca il Testo e a fatica lo lessi.

In questi tempi durissimi fatti di pandemia e guerre, vi siete mai chiesto cosa vuole la nuova tecnologia figliastra e schiava dei potenti del mondo?

Potenti e schiavisti come lo furono per la bomba atomica nel Progetto Manhattan (la cui componente militare fu indicata come Manhattan District, in sostituzione del nome in codice ufficiale Development of Substitute Materials) fu la denominazione data in origine ad un programma di ricerca e sviluppo in ambito militare che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche durante l’ultimo conflitto mondiale. Ai nostri giorni, cosa vogliamo noi? Quando una tecnologia trova il suo ruolo ideale nel mondo, solo se diventa un agente attivo nell’aumentare le opzioni, le scelte e le possibilità per l’intera umanità.

È vero, alcune di queste tecnologie saranno facilmente decentralizzate, mentre altre tenderanno ad accentrarsi. Alcune tenderanno alla trasparenza in modo naturale, altre tenderanno all’oscurità, richiedendo, forse, una grande esperienza per essere utilizzati.

Ma ogni tecnologia, indipendentemente dalla sua origine, potrebbe, volendo, essere incanalata verso una maggiore trasparenza, una maggiore collaborazione, una maggiore flessibilità e una maggiore apertura. È anche vero che l’evoluzione delle nuove tecnologie sarà inevitabile e non dipenderà da noi “comuni mortali”.

La domanda si riduce a questo: la mente umana può dominare ciò che la mente umana ha fatto? Questo, secondo il filosofo francese Paul Valery, è il dilemma del technium: in poche parole tutto ciò che è stato prodotto dalla mente umana. Quali scelte avrà l’umanità nel navigare nel technium, quanto andrà avanti, spinta dai millenni da forze oscure? All’interno dell’imperativo del technium, l’umanità ha una qualche libertà? In pratica, quali e dove saranno le leve da tirare?

Abbiamo addomesticato la nostra umanità tanto quanto abbiamo addomesticato i nostri cavalli. La nostra stessa natura umana è un raccolto malleabile che abbiamo piantato 50.000 anni fa e che continuiamo a coltivare ancora oggi.

Ciononostante, senza esagerazioni e senza metafore, Noi umani non siamo le stesse persone che iniziarono ad arare 10.000 anni fa. Uno studio su antichi pollini rivela che millenni di attività umane hanno trasformato gli ecosistemi della Terra con una velocità pari a quella dei cambiamenti indotti dalla fine dell’era glaciale.

Fu il periodo in cui le calotte glaciali e i ghiacciai che ricoprivano gran parte dell’emisfero settentrionale si ritirarono, i paesaggi ghiacciati cedettero il passo alle foreste, alla tundra e alle praterie e un aumento globale della temperatura di 6 gradi Celsius portò a nuovi regimi vegetativi in tutto il globo.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *