COSA CI RIMANE?

Beaumont sur Mer

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civ
ili. Trilussa

Il Meridione, in generale, la Calabria, in particolare, non può farcela ad uscire da questa ormai atavica condizione, con un’imprenditoria che non ama e non fa cultura, che non apre alla società gli spazi dell’aggregazione civile e professionale: quanti fisici, matematici, chimici, ingegneri, , architetti, informatici, designers, intellettuali, artisti e letterati, ecc. ecc., sono costretti ad emigrare se vogliono fare il loro mestiere ad un buon o massimo livello, ma finanche ad un livello decente?

Dalla consapevolezza che questa Regione, priva com’è di personaggi culturalmente, moralmente e politicamente irreprensibili; scaturisce il bisogno, forse , di cominciare a trarre delle conclusioni di progettazione e lotta per il prossimo futuro.

Rimanendo, così, nel mondo illusorio della propria indipendenza e autonomia, nella religiosa “speranza” che qualcosa cambierà. La sconfitta della “pandemia” capitalista che, ovunque, subordina i più elementari diritti umani al profitto di pochi.

Quanto mai attuale oggi: un momento storico in cui il dilagare apparentemente senza limiti della speculazione finanziaria arriva a mettere in discussione la stessa sopravvivenza della specie umana sul pianeta Terra. Cosa necessitano giovani meridionali oggi, per comprendere la loro realtà, per trasformarla?

Innanzitutto, forse, sviluppare un’attività arbitraria di conflitto sociale senza riproporre l’irrigidimento di vecchie formule cristallizzate. Una lucida capacità non solo teorica in grado di affrontare non solo tutte le contraddizioni sociali, ma superare la mummificata concezione del “partito” che la classe lavoratrice si vedeva e si vede ancora costretta a difendere per feticismo statutario o per puro attaccamento inconscio alla vecchia bandiera.

 Durante gli anni della mia gioventù il conflitto di classe, il contrasto tra interessi particolari e individuali (di classe) avveniva costantemente, sia esso tra datore di lavoro e lavoratore, tra ricco e povero, tra produttore e consumatore, tra venditore e compratore, dove ognuna delle due parti cercava di massimizzare il vantaggio proprio riducendo, di conseguenza, il vantaggio dell’altro.

Non bisogna confondere più il termine contrasto o conflitto con l’idea della violenza perché essa è solo un mezzo che può venire usato. Chi va per le strade a strombazzare che la lotta di classe va superata, dovrebbe anche spiegare con cosa vorrebbe  vederla sostituita e soprattutto come poter giungere ad una società equa e sostenibile senza ricorrere al conflitto tra interessi contrastanti perché è ormai evidente che da quando la classe sfruttata – la classe che oggi tira avanti la società e a cui vengono sottratti i frutti del proprio lavoro e negati i diritti più elementari – ha smesso di lottare per se stessa, perdendo di fatto la coscienza e la solidarietà di classe, la classe dei dominanti è avanzata nei soprusi quotidiani e nell’accumulazione di capitale e potere.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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