COSA SI VORREBBE

  

Beaumont sur mer-Non molto tempo fa, diventare giovane era un grande obiettivo e purtroppo non tutti ci sono riusciti; avere la consapevolezza di poter vivere la vita in un certo modo con questo spirito “giovane” non è stato e ancora non è alla portata di tutti.
E’ vero, la vita è frenetica, le responsabilità sempre tantissime, molti si scoraggiano e lasciano che tutto scorra… trovare il giusto equilibrio per una serenità nella propria vita richiede impegno e rottura con il “bene” e la “sicurezza” che ci avvolge e circonda fin dalla più tenera età.
“Ci si mette molto tempo per diventare giovani “, diceva Pablo Picasso. Oggi quest’affermazione necessita un aggiornamento radicale, dato che si impiega molto tempo, troppo tempo, per diventare invece adulti. La caduta o l’inaridimento delle capacità creative ed innovative delle persone è infatti uno dei tanti aspetti di quello che è stato efficacemente chiamato degiovanimento.
Se una volta i giovani avevano voglia e fretta di diventare adulti, oggi i giovani rimangono tali a lungo e l’età adulta si sposta sempre più in là nel tempo. Il parcheggio sociale si chiama università allungata, lavori e lavoretti precari, “comoda” o “scomoda” permanenza nella casa dei genitori.
In particolare nel sud dove la tendenza è quella di tenersi a casa, o vicino casa i “bastoni” della vecchiaia : le figlie. Questo comporta, fra le nuove e non tante nuove generazioni, anche il prodursi di una mentalità piuttosto conformista e gregaria, spesso poco curiosa ed interessata.
Il risultato è che le doti di creatività e lo spirito innovativo vengono sempre meno. Ancora, tra le caratteristiche del lavoro ideale i giovani pongono al primo posto la retribuzione, la sicurezza e i buoni rapporti con colleghi e superiori: il mettere a frutto le proprie doti creative scende invece al quinto posto della graduatoria.
Analoghe tendenze di degiovanimento vengono dalle libere professioni e dai lavori manageriali, in cui l’età media cresce e i giovani fanno lunghe anticamere. A questo punto i problemi sono due. Da un lato si delude, si frustra e si spreca un prezioso capitale generazionale. Dall’altro, non coltivando il pensiero creativo e lo spirito innovativo, si riduce la competitività culturale ed economica di questa terra di Calabria.
Visto oggi il film “I Basilischi” degli inizi degli anni ’60, di Lina Wurtmuller è un documento sociologico, oltre che cinematografico. Girato a Minervino Murge, in Puglia, mostra una popolazione, soprattutto di giovani “combattuta” si fa per dire, tra l’andar via per trovare lavoro ed il desiderio di non staccarsi dalle proprie tradizioni e dal proprio territorio.
Ritratto di una generazione di vitelloni meridionali che si perpetua dunque ed in questo senso la visione del film mostra, più di tanti racconti, la cultura che blocca certe aree del Sud. Questa pellicola rappresenta in maniera efficace la mentalità di paese, ma di paese meridionale.
I giovani protagonisti sono affetti, come molti ancora oggi, da una inettitudine e una pigrizia che è tipica, è un ritornello, una consuetudine. In questa vita trascorsa tra nostalgie politiche e nuove spinte di rivoluzione sociale, il massimo a cui un giovane di paese può aspirare è laurearsi e tornare a casa, per poi attenersi agli schemi sociali prestabiliti; sposarsi, avere qualche figlio, ecc.
Al contrario una via di scampo fa capolino come in passato, quella di andare via, fuggire da tale situazione e tentare di riscattarsi, ma non tutti hanno realmente questa voglia e coraggio nell’affrontare l’ignoto futuro.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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