L’ALCHIMISTA

Rinchiuso nel suo antro pieno di ombre e di misteri, con il volto rugoso e scavato, la barba lunghissima e bianca, gli occhi stanchi e ricoperti da lenti spessissime, le mani tremanti, le dita sottili ed esitanti, tocca provette, polveri, alambicchi ed altri innumerevoli strumenti di forma misteriosa di cui non ricorda più neanche il nome e la funzione.

Allo stesso tempo mago, stregone e sciamano, utilizza  la sua inarrivabile saggezza per mescolare pozioni magiche al fine di sperimentare nuove combinazioni chimiche in grado di piegare la materia al proprio volere.

Dopo infiniti tentativi, è riuscito a trarre da metalli vili oro e argento e a far rivivere la materia inerte compiendo le trasformazioni più fantastiche e raggiungendo traguardi che neanche la sua sconfinata fantasia avrebbe mai immaginato.

Solitario sperimentatore nel suo caotico e primitivo laboratorio, non si preoccupa di riordinare le  misture che sono sparse in ogni luogo senza alcun criterio. Ma lui se lo può permettere.

 Unica sua preoccupazione è quella di custodire gelosamente i segreti della sua inarrivabile arte.

Spinto dai continui ed immancabili successi, non smette un attimo di provare le combinazioni  più varie e complesse e in dosi sempre diverse, alla ricerca di qualcosa che – a causa della sua tardissima età – non ricorda più.

Eppure continua.

  Le sperimentazioni costituiscono l’essenza del suo eterno esistere. Ma questo empirismo esasperato non è affannoso. Nessuno lo pressa, nessuno lo rincorre.

Il tempo è dalla sua parte.                             

La sua vecchiezza non è costellata da rimpianti per il passato e presunto vigore.

Non rammenta assolutamente nulla della sua nascita né della sua giovinezza, al punto tale di ritenere di non essere mai nato.

Unico sbiadito ricordo è quello di un evento che ancora lo disturba e al quale non può più porre rimedio.

Lo ha commesso al tempo del suo apprendistato dell’arte dell’alchimia e ancora non riesce a perdonarsi l’errore.

E vero. Nessuno è perfetto.

Ma lui, proprio lui, avrebbe dovuto esserlo!

Il guaio lo ha combinato quando, per distrazione o per stanchezza, ha lasciato cadere in terra quattro sporte contenenti gli scarti, presunti decantati, amorfi ed inerti, di indefinite misture.

Ma perché non ha proceduto a buttare via il tutto?

Ebbene, dopo sette giorni di fermentazione, da quel pugno di rifiuti, non gli va a nascere l’Uomo?

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