E DUNQUE

Ci sono alcune domande che emergono per le quali tracciamo una potenziale linea d’azione o pensiamo a uno scenario futuro da risolvere.

Questo è ciò che il nostro cervello non può fare nel background quando siamo svegli. Ma quel tipo di costruzione narrativa (costruire una storia) richiede di essere consapevolmente coscienti, che è una caratteristica dei sogni. Sappiamo che stanno accadendo.

Potrebbe essere necessario fare emergere nella coscienza quell’elaborazione della memoria dipendente dal sonno per essere in grado di risolvere quel tipo di problemi che richiedono lo sviluppo di un piano, oppure una narrazione o una trama.

La mia notte ha avuto inizio con il sognare Donald Trump che mi stava mostrando come fotografare i gatti selvatici. Stava scrivendo opere teatrali su una lavagna come un allenatore di football americano, mostrando un piano d’azione per fermare i gatti presidenziali mentre deponevano uova multicolori dappertutto.

Devo essermi girato sull’altro lato del letto e mi sono ritrovato ai domiciliari in mezzo all’oceano su di una piccola barca con Pinocchio, e tutto ciò che avevamo da  mangiare erano froot loops della Kellog.

ll disagio di sentirsi imprigionati potrebbe nascere da un misto che affiora alla coscienza: la percezione di essere privati di una libertà che si pensava fosse nostra e il malessere che suscita questa limitazione, nello scoprire che ci eravamo illusi di essere padroni di noi stessi. Un sentimento di imprigionamento capita facilmente quando si è costretti a perdere una libertà alla quale si era abituati.

I ‘gestori’ del sistema nel quale viviamo, vede il disagio delle persone come un “disturbo” mentale che andrebbe curato. Non ci si può aspettare dallo stesso sistema concepirlo per quello che realmente è: un disagio socio-politico, frutto della consapevolezza delle persone.

Per molto tempo ansia e depressione sono state considerate “malattie del benessere”, cioè in grado di colpire principalmente coloro che appartenevano alle classi più agiate. Al contrario, è chi vive in povertà a correre un maggiore rischio di soffrire di questo tipo di disturbi non più riconducibili al disturbo mentale.

Questi ultimi anni sembrano confermare altre motivazioni, per la perdita del lavoro e le condizioni di vita difficili.  Queste problematiche sociali sono sempre più spesso determinate da una migliore consapevolezza delle cause del disagio, non curabili con farmaci.  È vero, la comprensione non può curare le malattie, ma può certamente correggere l’attribuzione inappropriata di malattia.

Le ripercussioni dell’attuale situazione pandemica, la guerra a due passi, hanno evidenziato un considerevole aumento dei casi che fino a poco tempo fa venivano classificati volutamente, dal sistema politico, come disturbi mentali individuali.

 Credo che sia giunto il momento di  ri-politicizzare il ‘disagio’, in modo da risalire alle cause sociali e politiche che lo scatenano, senza limitarsi a una segnalazione, ad esempio, del basso livello di serotonina (il tanto osannato ormone della felicità) come causa centrale che conduce alla depressione.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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