Punture di spillo 237

AZZARDATO MANDARE LA RUSSA ALLA PRESIDENZA DEL SENATO

          Nessun pregiudizio ideologico ma, quando si dice che a Fratelli d’Italia, finalmente al potere,   fanno  difetto  uomini in grado di ricoprire incarichi di governo  e in molti il senso dello Stato,  non si fa un’affermazione a vanvera. E mandare  Ignazio Benito La Russa alla presidenza del Senato è stato un grave errore di Giorgia Meloni. Di inesperienza, o di affetto verso chi l’ha vista politicamente crescere.

          E questi primi quattro mesi  sono la conferma dell’inadeguatezza di La Russa a ricoprire la seconda carica dello Stato.  Meglio non pensare che cosa potrebbe accadere  se per un qualsiasi motivo si dovesse trasferire, sia pure per sei mesi, al Colle per sostituire Sergio Mattarella.

          In vari episodi, La Russa ha dimostrato di ricoprire con una certa spregiudicatezza quella carica e l’episodio di Milano alla presentazione delle liste elettorali del “suo” partito in Lombardia per sostenere il candidato della Destra Attilio Fontana lo conferma.

          Se si è  Presidenti del Senato  – e quindi super partes –  non ci si deve  andare  e se un giornalista chiede, anche provocatoriamente,  cosa scrivere nel sottopancia del servizio televisivo  non si può rispondere:  “metti quel c..zo che vuoi”. Quando poi ci si rende conto di aver sbagliato, la toppa (“si, sono qui come presidente del Senato”)  diventa peggio del buco.

          E’ bello, alla prima della Scala, indossare lo smoking e  sedere nel palco reale insieme al Presidente della Repubblica e alla Presidente della Commissione europea. Ma dopo non si può cadere nella volgarità quando gli si  ricorda che ricopre la seconda carica dello Stato  rappresentando l’intero Parlamento (anche chi non l’ha votato)  e  tutti gli italiani.

          Del resto se alla presidenza del Senato mandi chi a casa sua nel tempo libero lucida i busti di Mussolini, non puoi meravigliarti se, da Presidente del Senato, partecipa alle cerimonie per i 76 anni del MSI, fondato nel 1946 dai reduci della Repubblica Sociale e quindi anche da La Russa-padre.

          Diciamo che a “Gnazio” non manca la coerenza. Appena eletto disse  che avrebbe continuato a fare politica e, più tardi, che l’annoia fare il semaforo nei dibattiti parlamentari.

Sarebbe stato sufficiente lasciarlo ai vecchi amori.

PdA

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