LA GELOSIA

 

Era un giorno indeterminato di un tempo qualsiasi.

Dico indeterminato perché non ho mai voluto datare le cose belle che mi accadevano perché il giorno dopo non sarebbero più esistite.

Invece mi piace averle in mente vivide e presenti come se fossero appena accadute. D’ altra parte, datato non significa vecchio?

Era un giorno indeterminato, dicevo, ed essendo assai stanco decisi di recarmi nella casa in cui ci incontravamo e stendermi un po’ sul letto.

Mi assopii ma dopo qualche tempo sentii suonare alla porta.

Ovviamente decisi di non aprire e mi girai sull’atro lato del letto fortemente intenzionato a continuare il riposo.

Ma il campanello squillava, squillava in continuazione per cui, pensavo,

sarà successo qualcosa di grave: un incendio, un terremoto o qualche altra catastrofe.

Mi decisi ad aprire e con somma sorpresa la vidi entrare (evidentemente mi aveva visto salire ) e come una furia mi sbattè la porta in faccia  gridando come un’ossessa: “Dov’è quella troia? Pensavi di farla franca senza che me ne accorgersi? Ti ho beccato col sorcio in bocca ma questa volta la paghi cara.”

Cominciò ad ispezionare la casa iniziando dalla camera da letto dove le coperte rimosse rafforzarono i suoi sospetti.

Più cercavo di fermarla, più aumentavano le sue certezze.

Controllò sotto il letto, negli armadi, sui balconi, nei bagni ed infine nella scarpiera. Ma dovette arrendersi. Non trovò nessuna.

Mentre procedeva nell’ispezione, la guardavo e pensavo a quanto mi amasse. Era fantastica nella sua ira.

Ma più i tentativi andavano a vuoto, più si incazzava.

Alla fine dovette arrendersi e con piglio veramente sprezzante mi disse:

“Sei un grande stronzo” e si avviò con passo deciso verso l’uscita sbattendomi ancora una volta la porta in faccia.

Riaprii la porta e vidi che aveva già chiamato l’ascensore.

La pregai di restare ottenendo un chiaro e forte rifiuto.

Le porte dell’ascensore si aprirono e lei ebbe un attimo di titubanza.

Entro o non entro?

Decise il fato in quanto in quell’attimo di titubanza l’ascensore venne chiamato da un altro piano.

“Se così deve essere, così è” disse e venne verso di me gettandomi le braccia al collo.

Ovviamente guastammo tutto il letto e l’amore di quella volta ebbe un sapore del tutto appagante e di serenità che non avevo mai assaporato prima.

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