Beaumont sur Mer
La povertà nel mondo non appartiene al pensiero o alla sensibilità degli uomini che ne parlano; la povertà non deve essere pensata; diversamente, dev’essere esperita come compartecipazione e bisogno perché a essa si contrapponga la dignità dell’esistenza.
Un terzo della popolazione mondiale (2,8 miliardi di persone) nel 2022 non si è potuta permettere una dieta sana ed equilibrata. Negli ultimi anni a incidere su questa situazione sono state in particolare la crisi sanitaria prodotta dal Covid e la guerra in Ucraina. Oggi la situazione è peggiorata dalla guerra in Medioriente. Queste crisi infatti hanno determinato una spinta inflazionistica trainata dall’aumento dei prezzi del cibo e dell’energia, che ha colpito soprattutto le fasce più povere e vulnerabili.
Ma non ovunque la reazione a questa crisi è stata la stessa, con alcuni territori, paesi e continenti che sono riusciti, almeno in parte, a invertire la tendenza, e altri in cui invece la crisi si fa sempre più grave. Se si considerano i tre continenti in cui è maggiore il numero di persone che ancora oggi soffrono la fame si osservano infatti andamenti piuttosto altalenanti.
In Europa, in particolare in paesi come l’Italia questa situazione ha aumentato un sentimento bacchettone. Il senso di colpa è un concetto molto radicato nella nostra cultura, specie la cultura cattolica attraverso il peccato originale che non ricade solo su chi ha commesso l’errore ma che riguarda ogni nuovo nato e quindi, alla nascita, sei già “guasto” sei già “macchiato”.
A fronte di milioni di persone che nel mondo patiscono la fame, ve ne sono altri che sono, invece, alle prese con problemi da eccesso da cibo. Le nuove stime dell’obesità adulta mostrano un aumento costante nell’ultimo decenni. Il doppio fardello della malnutrizione, la coesistenza di denutrizione insieme a sovrappeso e obesità, è aumentato anche a livello globale in tutte le fasce d’età. La magrezza e il sottopeso sono diminuiti negli ultimi due decenni, mentre l’obesità è aumentata notevolmente.
Nel 1994, l’attore Carmelo Bene figlio legittimo del Sistema, che di certo non ha bisogno di presentazioni, con imperscrutabile baldanza, intronava il Parioli dicendo “Io me ne fotto del Ruanda”. L’occasione era quella del Costanzo Show e il format quello “dell’uno contro tutti”, si fa per dire. Numerosi giornalisti schierati in platea interpellavano la controversa figura dell’attore-regista e mostravano ritmicamente con ipocrita indignazione e disgusto a ogni sua provocazione. Maurizio Costanzo, imperturbabile, faceva solo da “moderatore”.
In altri termini, c’interessa davvero la sorte dei bambini africani e, più in generale, dei veri poveri del mondo? Molto di frequente, si vedono scorrere sui social foto di bambini ruandesi, somali e, in generale, dell’Africa nera. Purtroppo, qui l’Italia come tutto l’Occidente si trova di fronte ad una contraddizione imbarazzante. Se al risveglio, il nostro primo pensiero è un caffè seguito dal cornetto, come possiamo dirci contrari alla provocazione di Carmelo Bene?
La liberal-democrazia si adegua a Carmelo Bene nel sopprimere nel suo modo le differenze di nascita, di educazione, di occupazione, dichiarando che nascita, condizione, educazione, occupazione non sono differenze politiche, proclamando ciascun membro del popolo partecipe in egual misura della sovranità popolare, senza riguardo a tali differenze, trattando tutti gli elementi della vita reale del popolo da punto di vista dello Stato.
Gigino Adriano Pellegrini