Beaumont sur Mer
“A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
Tutti i parlamentari, membri del Governo e magistrati dovrebbero leggere attentamente questo importantissimo Articolo 43 della Costituzione della nostra Costituzione e non incorrere in reati come parecchie volte è avvenuto nel recente passato
Da questo inequivocabile contenuto, veniva elaborata, nel 1975, la Legge dello Stato 103. L’articolo 1 della stessa recita:
” La diffusione circolare di programmi radiofonici via etere o, su scala nazionale, via filo e di programmi televisivi via etere, o, su scala nazionale, via cavo e con qualsiasi altro mezzo costituisce, ai sensi dell’art. 43 della Costituzione, un servizio pubblico essenziale ed a carattere di preminente interesse generale, in quanto volta ad ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese in conformità ai principi sanciti dalla Costituzione. Il servizio è pertanto riservato allo Stato. L’indipendenza, l’obiettività e l’apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali, nel rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione, sono principi fondamentali della disciplina del servizio pubblico radiotelevisivo. “.
La Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.A. nasce, come “Servizio pubblico essenziale…..”. Non può vendere spettatori e clienti a distributori di merce, perché così facendo sarebbe un mezzo di produzione e gli utenti, i soggetti sociali, solo merce. Non può rendersi complice del tentativo in atto che ricerca un consenso ampio e trasversale, destinato a coinvolgere anche gli strati medio bassi della popolazione, ai miti del globalismo e del modernismo tecnocratico (strategie e strumenti a vantaggio di pochi) che, riducendo il pluralismo culturale ed educativo, trasforma anche le idee ed i luoghi di formazione ed educazione in strumenti idonei a favorire la “produttività” dei valori di mercato e di consumo.
Mercato che viene sistematicamente proposto come se fosse naturale, giusto e immutabile. Va invece sottolineato che le leggi di questo mercato non sono “dogmi”, ma strumenti e scelte strategiche appartenenti a ben precise teorie e prassi economiche contingenti. In Italia si sta procedendo con notevole impegno e accanimento nel confondere le idee per rottamare l’unicità organica del servizio pubblico, smontarne i pezzi e riproporli all’utenza con il solo e prestigioso marchio originario che permetterà alle emittenze private di “svolgere autorevolmente un servizio di pubblica utilità” anche se ingannevole nella sua impossibilità di essere critico e pluralista.
Impegnato a far nascere questi organismi geneticamente modificati (OGM) sembra essere l’intero Parlamento che ha deciso, da un po’ di anni a questa parte, di tenere in non cale i principi costituzionali che regolano il servizio pubblico. A questo punto dobbiamo prendere atto che la privatizzazione si è estesa agli stessi principi democratici per cui ognuno dei parlamentari può ritenerli proprietà privata e disporne a proprio piacimento.
Val la pena ricordare che gli Organismi Geneticamente Modificati , pur resistendo agli agenti patogeni esterni (Mercato), sono condannati alla sterilità: i fornitori privati dei programmi OGM, in questo modo, si sono assicurati una perenne dipendenza da parte dell’intero sistema radiotelevisivo. Nella popolazione circola il fondato sospetto che questi prodotti siano cancerogeni.
Pertanto, ai cittadini italiani va detto a chiare lettere che il problema non risiede in uno e cento nuovi Consigli di Amministrazione nominati da un Parlamento unanime nell’eludere il mandato costituzionale. La scrittrice Catherine Clement in Francia, qualche anno fa, si augurava di leggere, in un articolo della loro Costituzione, una frase già presente nella nostra “patetica” e “obsoleta” Costituzione: “ L’organizzazione del servizio pubblico audiovisivo è un dovere dello Stato”.
Gigino Adriano Pellegrini