LA DISLESSIA DEL POTERE

Beaumont sur Mer

“Quando l’ngiustizia diventa legge, combatterla diventa un dovere”. Quasi B. Brecht.
In tempi duri e incerti, “burrascosi” come quelli attuali, nelle persone che lottano per la propria liberazione, il gusto rischia di essere sempre più inquinato dalla logica e dalla morale, cosa che, tradotta in termini differenti, significa che, quando si verifica una forte tensione fra conoscenza e desiderio, i criteri che regolano il giudizio sociale, politico ed estetico diventano incerti ed instabili. Come scriveva qualcuno di cui non ricordo il nome.
Re Lear attuale come non mai! Spesso si leggono frasi di secoli addietro che paiono scritte oggi, e poi quando si scopre che appartengono al tempo passato, si rimane meravigliato di fronte alla storia che a volte si ripete.
Nel rileggere “Re Lear” di William Shakespeare, ci si imbatterà in questa frase sempre attuale: “Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi”.
In Italia il Berlusca è riuscito a convincere anche coloro che sono stati sempre tiepidi nei suoi riguardi d’essere oggetto di un’inaudita persecuzione giudiziaria da parte di una magistratura che egli usava definire con epiteti poco lusinghieri, addirittura offensivi. Secondo lui, in questo Paese, non c’è un magistrato, sia che operi in un semplice tribunale sia che appartenga alla Corte Costituzionale, che non sia politicizzato e a lui avverso.
Il Nanetto di Arcore che alla guida di una Ferrari lanciata a trecento orari travolge e uccide un vecchietto, e se ne scappa senza prestar soccorso, dirà immancabilmente, quando verrà preso, di esserne stato vittima, perché il vecchietto aveva bevuto. E troverà un tribunale che gli darà ragione.
Esaminando dunque costui:
“infatti non ho per nulla bisogno di citarlo per nome, ma era uno dei politici quello indagando sul quale io ricevetti un’impressione di questo genere, signori Ateniesi, e discutendo con lui – quest’uomo mi sembrò che a molte altre persone e soprattutto a se stesso sembrasse essere saggio, ma non lo fosse; e poi cercavo di dimostrargli che credeva sì di essere saggio, ma non lo era.” “L’Apologia” di Platone.
Ciò che oggi mi preme è mettere in mostra la condotta di una intera città. Sono cosciente, come mi è stato più volte ricordato, che le parole che indirizzo a Voi tutti, Cittadini di Amantea e della Calabria, servono a molto poco. Ciononostante, vi incito ad avere Coraggio, nel liberarvi dalla cappa dei soliti noti, che un tempo vi promettevano pane e lavoro al costo della perdita della vostra libertà.
Liberatevi da persone che non sanno cos’è la dignità, l’onestà e il lavoro. Da sempre, l’unico loro sforzo, che si tramandano da padre in figlio, è fare il “politico” con la “p” molto minuscola.”
Una enorme fatica non vale un fico secco se non porta al raggiungimento di risultati. Sì, sono riusciti a creare una loro professione. Sono riusciti a creare una generazione di governanti ereditieri. I violini e i loro consociati orchestrali, succhiano alla mammella pubblica già da oltre mezzo secolo e non intendono mollarla.
Questo tipo di esperienza sembrava essere riservata agli oppressi ed emarginati, proponendo una responsabilità di coloro che non appartenevano a tale esperienza per riconoscere e convalidarla, con un atto di “benevolenza”.
Un atteggiamento, questo da protettore di animali domestici, che ha condotto gli uomini verso certi aspetti più semplici e tuttavia profondi dell’umanità, verso quei fili comuni che collegano ogni soggettività nel mondo in generale, in breve, della quotidianità. Una praticata filosofica che riduce la pluralità degli esseri a una sostanza unica
Questa forma di paternalismo mutuato dalla religione, in politica sembra rappresentare lo stile di governo di questa Terza Repubblica e il reddito di cittadinanza la sua cifra esemplare. Eppure non è dalla benevolenza dei governanti, che nella nostra vita istituzionale potremmo ottenere più democrazia ed ampliare i margini della libertà.
La tentazione di surrogare la responsabilità individuale con forme di orientamento dall’alto dei nostri stili di vita risponde, almeno retoricamente, alla pretesa conoscenza di un supposto bene comune superiore: del popolo, della comunità, della società da parte della congrega al potere.
Nel passato più prossimo si è arrivati a teorizzare persino una forma di paternalismo liberal-democratico, nato in una qualsiasi sacrestia cattolica, che oggi vediamo essersi rovesciato, nonostante le supposte “buone” intenzioni, in prevaricazione sulle ragioni dell’altro, in nome di roboanti “soluzioni politiche” da contrapporre a chiunque avanzi critiche in nome della competenza.
Questa stucchevole “benevolenza” di politiche sociali ispirate ad un “principio autoritario”, sono nel contempo promotrici di “attività assistenziali” pensate nell’interesse della popolazione, la cui finalità, tuttavia, sarebbe quella di “neutralizzare le istanze democratiche e rivoluzionarie delle masse popolari”.
Una sorta di anestetico sociale in grado di disinnescare, da un lato, possibili rivendicazioni da parte della popolazione e, dall’altro, l’avvio di qualunque processo di inclusione sociale che inevitabilmente metterebbe in discussione gli assetti di potere consolidati.
La concentrazione del potere, mediante la riduzione monistica del pluralismo delle forme sociali, è alla base dell’idea neo-monarchica, in forza della quale corriamo il rischio di perdere il sano timore che il potere possa tradursi in dispotismo e i potenti in tiranni, avendoli ormai riconosciuti e accettati come nostri “tutori” naturali.
La diffidenza verso le istituzioni non è certamente una novità in questo Paese.
A preoccupare, però, è il fatto che essa ha raggiunto proporzioni gravi, che dovrebbero indurre la classe politica, persa invece nella corsa per il potere, a una profonda riflessione. E le istituzioni governative non sono le sole a godere di cattiva salute: che dire della magistratura, che è stata investita da gravissimi scandali, scandali che hanno minato pesantemente, come ormai è dimostrato, la fiducia della popolazione in questa fondamentale istituzione?
Siamo dunque all’atto finale di una degenerazione cominciata molti decenni fa, nella progressiva ritirata dei partiti di allora dal terreno della società sul quale erano storicamente nati e si erano consolidati.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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