Quisquilie e pinzillacchere ma… non solo 26

BASTA COL CHIEDERE ALLA MELONI DI DIRSI ANTIFASCISTA

Giorgia Meloni ha avuto la possibilità, lo scorso 25 aprile, di superare le tante ambiguità, sue e del suo gruppo dirigente post-fascista, di dirsi una volta per tutte antifascista, e non lo ha fatto.
Eppure la Presidente del Consiglio dovrebbe sapere che si trova a Palazzo Chigi, democraticamente eletta in forza di una Costituzione, tutta innervata su quell’antifascismo che lei, giurando, dovrebbe osservare.
Non a caso l’art. 54 sottolinea il “dovere di essere fedeli alla Repubblica, osservandone la Costituzione e le leggi. E i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche devono adempierle con disciplina e onore”. E’ il caso della Meloni, e del suo Governo, che sulla Costituzione ha giurato ostinandosi poi a non dirsi antifascista.
Tutto questo la Ducetta lo sa bene. Non è stupida, ma sembra fregarsene e sul “no” all’antifascismo tiene il punto, ovviamente in vista delle elezioni europee, ma soprattutto perché non vuole recidere le radici con la sua identità neofascista giovanile: dal MSI di Giorgio Almirante, al Fronte della Gioventù, al Fuan, e poi il passaggio di AN e Fratelli d’Italia.
A questo punto non ha più senso insistere. Non lo ha fatto lo scorso anno, non lo ha fatto ora, limitandosi ad una imbarazzata “comparsata” di pochi minuti – quando Mattarella è salito all’altare della Patria per deporre una corona ai caduti di tutte le guerre – e un freddo commento di poche righe sui social.

Adesso basta. Occorre prendere atto purtroppo che siamo governati da una illiberale, pervicacemente legata alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza. E questo fino a quando le Opposizioni, minoranza in Parlamento ma maggioranza nel Paese, non troveranno un modo per batterla democraticamente nelle urne.
Meloni sa, contrariamente a quanto dice pubblicamente, che la sua maggioranza è tutt’altro che solida e si arrocca nel fortino di Palazzo Chigi negandosi spesso ai giornalisti e portando avanti una narrazione che fa a pugni con la situazione reale degli italiani.
Di qui tra l’altro il tentativo, per sostenere tale tesi, di imbavagliare l’informazione occupando le tre reti Rai e i canali Mediaset, oltre ai giornali chiaramente di parte ed ora cercando di mettere le mani anche sull’Agenzia Italia diretta fino a pochi mesi fa da quel Mario Sechi, già suo portavoce a Palazzo Chigi.
Riuscirà nel suo intento? Attendiamo le Europee e i “dolori” autunnali del Paese, e poi… vedremo!

PdA

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