TALASSOFOBICI, NATI PER GOVERNARE

Beaumont sur Mer

Le persone colpite da talassofobia sperimentano un’intensa angoscia al solo pensiero di trovarsi in mare aperto, di nuotare o di essere in ambienti dove l’acqua è predominante. Ossessionati dal mare, si ritrovano generalmente a sbranare sulla terra ferma. Si celano quindi dietro queste coppie di termini rapporti di interconnessione non immediati, a volte inconsueti, che incoraggiano a tenersi al riparo dalle logiche dell’urgenza con cui sempre più spesso viene inquadrata l’idea di una crisi che avanza rapidamente, inesorabile.
“Non si può giudicare solo dal punto di vista politico ed economico se un sistema sociale sia tale da promuovere la causa della libertà umana. Il solo criterio per misurare il grado in cui la libertà venga realizzata è l’esistenza o meno di una partecipazione attiva dell’individuo alla determinazione della sua vita e di quella della società. Questo non solo attraverso il semplice atto formale del votare, ma anche nella sua attività quotidiana, nel suo lavoro e nei suoi rapporti con gli altri”. Erich Fromm
Un’esigenza importante e precisa di cittadini, particolarmente meridionali, è il bisogno di “riconoscersi come una comunità di vita. Una necessità avvertita diffusamente in molte cittadine vilipese del Sud. Una di queste comunità, in un passato non così remoto, trovava fondamento nella rappresentanza degli interessi di tutti i cittadini e nella tutela più autentica dei principi sanciti dalla Costituzione repubblicana.
Era proprio la Carta, infatti, a formulare nitidamente i valori, le prospettive, i diritti e i doveri che consentivano e dovrebbero ancora riconoscere come “comunità, che avrebbe potuto fornire la possibilità di guardare al futuro con maggiore coesione e solidarietà, oltre la “retorica dei buoni sentimenti”.
Una comunità dovrebbe impegnarsi a ricucire socialmente la città di Amantea, sulla costa tirrenica, e a offrire fiducia a una generazione che spesso si è sentita inascoltata, delusa, tradita dalla politica e che, con tanta fatica, qualcuno ha caparbiamente continuato a motivare e supportare, una generazione che non vuole assistere al cambiamento ma vuole esserne parte, motore propulsore.
Spesso negli ultimi anni, qualcuno retoricamente ha cercato di richiamare la politica, le istituzioni, le organizzazioni sindacali a operare tenendo conto degli effetti della crisi economica verso i più giovani. D’altronde, quale società può definirsi sicura se privata dei “valori positivi della convivenza”? Quale comunità, che intende costruire il proprio futuro, potrà fare a meno delle giovani generazioni?
Prefetti, questori, sindaci e presidenti di regione. Ciascuno, quasi sempre finora, proiettato e immerso sul proprio percorso; tutti, nella maggior parte dei casi, si sono dimostrati ben poco coesi e integrati in un’azione istituzionale comune.
Nel secolo scorso, all’epoca dell’espansione industriale, la condizione miserabile dei bambini che lavoravano era sotto gli occhi di tutti, ma solo gli occhi di qualche scrittore, come Dickens, di qualche filantropo, o di qualche teorico della rivoluzione sociale hanno saputo vederla. Da cosa deriva questa facoltà straordinaria di non vedere cose tanto evidenti? Una risposta molto acuta la dava Edgard Allan Poe, che induceva gli uomini a concludere che il luogo migliore per nascondere qualcosa che non vogliamo far trovare è di metterlo sotto gli occhi di tutti. Come si è potuto far finta di nulla per così lungo tempo al disagio e alla sofferenza di tanti concittadini per la gran parte giovani?
Meritano rispetto, questo disagio e sofferenza. Meritano di non essere strumentalizzati, né in un senso, né in un altro dai vari Sparaballe che in questi giorni, che precedono le elezioni europee, imperversano sulle strade e sulle spiagge. La sofferenza rappresenta il grande mistero che accompagna l’esistenza e toglie la sordina alla profonda domanda di significato, al ‘perché?’ che continua a emergere dalle profondità di questo tanto amato Mare, talora anche con modalità estrema. Le sofferenze ― sia fisiche che morali ― degli altri rischiano di sottrarsi alla nostra attenzione proprio perché sono così macroscopiche, apertamente sotto gli occhi di tutti.
La pandemia ci ha insegnato che la libertà è una cosa che manca veramente…siamo rimasti chiusi in casa, le scuole non potevano aprire, gli adulti non lavoravano, tutto a causa di un’epidemia che non ci permetteva di agire liberamente. Tutti avevano paura, ma non vedevano anche un aspetto molto difficile di questa situazione; eravamo sospesi come in una bolla, fragile che ci costringeva a stare tutti in casa, per uscire dovevamo indossare guanti e mascherina mentre il Governo centrale proibiva alcune cose che noi facevamo quotidianamente nella nostra vita…se “leggiamo tra le righe” la libertà, che pensavamo fosse nostra e non donata, non si poteva fare niente per conquistarla.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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