Spifferi di palazzo 40

MELONI PERDE NONOSTANTE SORU E CALENDA

Se ci metti la faccia e vinci, bene. Ma, se perdi, non puoi far finta di niente. Lo fece Renzi nel 2016 con il referendum istituzionale perdendo la segreteria e, … disoccupato, dandosi alla più sostanziosa attività di conferenziere. Ed ora, come un’anima in pena ma ostinatamente da primo della classe, è in cerca di un trampolino per le europee di giugno che gli permetta di superare la soglia del 4%.
E se Giorgia Meloni, leader di una coalizione disunita su tutto ma che sta insieme solo per calcolo elettorale, schiuma rabbia da tutti i pori, in casa del vecchio Verdini – nel frattempo tornato in carcere per evasione dai domiciliari – si festeggia la sconfitta della Premier: certamente non con un mojito ma con dell’ottimo champagne offerto dal “leale” Matteo Salvini al quasi suocero, al quasi cognato e alla sua fidanzata. Ora i quadrumviri della Ducetta del Colle Oppio (Fazzolari, Foti, Donzelli e l’agricolo Lollo) si affretteranno a ridimensionare lo “schiaffone” sardo parlando di voto locale, chiedendo il riconteggio delle schede ed altre… amenità di rito quando la sconfitta arriva sul filo di lana, sostenendo che il governo è saldo e che non ci sarà nessun effetto sulla coalizione.
Ma, indipendentemente dalla vittoria della candidata di PD e Cinque Stelle, la ragazzotta della Garbatella ha perso la faccia proprio sul “testa a testa” dei due candidati che certamente non immaginava quando ha “sfilato” a Salvini la riconferma del presidente uscente Christian Solinas. Evidentemente, un anno e mezzo di governo “in discesa” senza alcuna opposizione, i continui “vis a vis” in giro per il mondo, il consenso “acritico” degli amici e dei suoi più “fidati” collaboratori, le “veline” di quasi tutti i TG e di molti giornali “amici”, le “ospitate dal Gran Ciambellano” televisivo Bruno Vespa , la debbono aver convinta che le era consentito tutto. Anche l’umiliazione di Matteo Salvini sceso al 3,7%
Non solo. Come escludere che le manganellate di Pisa e di Firenze agli studenti che manifestavano per la Palestina, e la secca nota del Colle, non abbiano giocato un ruolo? In fondo il candidato della Meloni ha perso per pochi voti dopo una serie di sorpassi e controsorpassi nello spoglio elettorale.
Ma le urne sarde ci mandano un altro, non meno importante messaggio nel campo avverso: l’irrilevanza politica di Calenda e Renzi oltre all’inutile “bravata” di Renato Soru, già presidente della Regione e tra i fondatori del Partito Democratico, che si è candidato senza nessuna possibilità di vincere ma per togliere voti al “suo” PD. Che cosa immaginava presentandosi in alternativa alla Todde, se non di danneggiarla e “favorire” la vittoria dell’uomo della Meloni?
Quanto a Calenda, che dire? Un tempo a scuola gli studenti più svogliati venivano etichettati come “braccia tolte all’agricoltura”. Ora è difficile immaginarlo con il fazzoletto annodato con quattro fiocchi sulla testa a zappare la terra. Ma dopo il flop sardo sarebbe opportuno che il segretario di Azione comprenda che il “voto utile” ti porta pragmaticamente a decidere dove stare: a destra o a sinistra. Né più né meno come fa la Destra
La “lezione” per il centrosinistra (sempre che lo si possa definire così) è che il governo di Giorgia Meloni lo si può sconfiggere, come in Sardegna, solo mettendo in un angolo le proprie legittime ambizioni e contribuendo ciascuno degli aderenti, anche con percentuali da prefisso telefonico, al successo di un ipotetico “campo largo”, ancora tutto da costruire e senza i soliti “primi della classe” come il prof. Montanari, di sinistra, ma che a Firenze immagina, da solista, di giocare un proprio ruolo.

PdA

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