LE LACRIME AMARE DEI MERIDIONALI

A volte, quando sopraggiunge il pianto, siamo tentati di smettere, di fermarlo o di nasconderci, come se esso fosse un’insopportabile debolezza da non mostrare, un atteggiamento non degno di un vero uomo. C’è una pregiudiziale negativa nei confronti del pianto, in particolare del pianto della divinità, da parte di Platone e della cultura razionale occidentale, che ci condiziona fino ai nostri giorni.
“Il più puro dei popoli quando li giudica il bagliore dei lampi,
E’ spensierato e scaltro nell’ardua quotidianità,
Senza pietà per le vedove e gli orfani, senza pietà per i vecchi,
Ruba di mano a un bimbo una crosta di pane.
Sacrifica la vita per attirar sui nemici l’ira dei cieli
E col pianto degli orfani e delle donne li sconfigge.
Il potere affida a gente con occhi da mercante di gioielli,
Offre onori a gente con l’anima d’un gestore di bordelli.
I suoi migliori figli resteranno sconosciuti,
Appariranno una volta sola per morir sulle barricate.
Le amare lacrime di questo popolo tagliano il canto a metà,
E quando a un tratto il canto tace, si gridano facezie.
Negli angoli delle stanze l’ombra si ferma additando il cuore,
Dietro la finestra ulula un cane a un invisibile pianeta.
Popolo grande e invincibile, popolo beffardo,
Che riconosce la verità senza parlarne.” Czeslaw Milosz, poeta e scrittore polacco.
Si è riusciti a far accettare a questo antico popolo, che se vive, è solo per grazia dei potenti. Concentrarsi, dunque, a bere del buon caffè e a dare la caccia alle farfalle. Dalla finzione all’ipocrisia, dall’ironia all’imbroglio, dalla falsità alla dissimulazione, fare una fenomenologia della menzogna non è un’impresa semplice per molte ragioni: sia perché è una questione che si può affrontare secondo approcci differenti, dal campo giuridico, antropologico, sociale, psicologico e neuroscientifico, sia perché si confronta per contrasto con la sincerità e dunque con la verità.
Ho vissuto tutta l’infanzia e adolescenza in riva al Mare di Ulisse, magnetizzato dallo sguardo mutevole del grande mare: allegro, prepotent e, angoscioso. Una triste coerenza della mia esistenza ha voluto che il mare ancora, migliaia di leghe di acqua salata mi separassero, esule anti padre dalla mia terra. Fatto sta che l’elemento marino è certamente la liquidità materna delle immagini, delle situazioni che con più frequenza hanno costellato la mia nomade vita: la nostalgia del marinaio, l’ansia dell’avventura, il mito del ritorno, il mare vissuto al largo sulla Zuby II, quello sognato nel letto, sulla terraferma. Quello stesso grande Mare che mi attira, m’incanta, nutre, anche se inghiotte quelli che lo attraversano e i pescatori.
Mettendo da parte valutazioni morali, il mondo che mi vide nascere dopo la guerra mondiale, la sua filosofia liberal democratica che, fin dal suo sorgere, ha considerato l’inganno verso il popolo uno strumento politico necessario per preservare l’ordine sociale.
Riflettendo sul suo potere della menzogna non si può tralasciare, che sul piano politico, la menzogna si è consolidata come straordinario strumento di potere, come un’arma. Forse la più potente. L’occultamento della verità, la distorsione del significato degli eventi, la presentazione come veri di fatti non veri. Ormai tutti sappiamo che erano false le notizie che affermavano che l’Iraq era in possesso di armi di distruzione di massa. Ma quelle menzogne hanno avuto il potere di scatenare una guerra grazie alla diffusione che i media hanno dato loro.
Infatti, il successo di una menzogna dipende dalla sua accettazione sociale. Per questo il politico ha bisogno di controllare i mezzi di informazione. Un articolo del New York Times del 30 maggio 2004, in cui l’articolista definiva “fallimento istituzionale e non individuale” l’informazione data a suo tempo dal suo giornale sulle armi possedute dall’Iraq, portava come titolo: “Armi di distruzione di massa o di distrazione di massa?”
Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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