RIVENDICARE LA PROPRIA UMANITA

Beaumont sur Mer . – “Conosci te stesso” è la formula incisa sul frontone del tempio di Apollo a Delfi. Ma chi è questo “te stesso”? Se gli antichi hanno tanto insistito sul bisogno di conoscersi, è perché la conoscenza di sé offre, forse, le maggiori possibilità di avanzamento, di progresso, di riuscita.
Svegliarmi stamattina non è stato semplice. Ho dovuto cercare un motivo per farlo e così fra un lato sinistro e uno destro, ho riletto, dopo molti anni, alcune pagine dello psicoanalista Gustave Jung.
Saltando alcuni capitoli sono arrivato ad un punto molto delicato. Riscopro che il famoso ‘coup de foudre’, o, meglio ancora ‘l’amore a prima vista‘ sarebbe, il risultato di una proiezione. Le persone infatti, in questi casi, vedrebbero nell’altro la propria componente inconscia dell’altro sesso, ovvero l’Animus, come direbbe Jung, cioè la componente maschile delle donne, oppure l’Anima, la componente femminile negli uomini.
Ne consegue che, solo conoscendo bene questo archetipo o meglio, questo lato della propria psiche sarà possibile interagire in modo armonico, divenendo più facile avere una sana relazione, anche amorosa.
Non è facile amare!! Anche ove esistano dei sentimenti forti, rimane la fatica di quella lotta che avviene dentro di noi. Per questo motivo ogni rapporto sarebbe raramente tranquillo, avendo in sé il massimo della gioia e il massimo del turbamento. Il nostro scopo sarebbe quindi realizzare l’armonia sia dentro di noi che nel rapporto con l’altro.
Majakovskij scriveva ” Ho preso coscienza che la forza invincibile che ha spinto il mondo non sono gli amori facili bensì quelli contrastati”. Quanto più riusciremo ad armonizzare la nostra psiche tanto più riusciremo a realizzare una relazione soddisfacente con l’altro.
In questa visione, quando si ha la fortuna di incontrare la persona ‘giusta’, accade una cosa straordinaria … si accende qualcosa: l’archetipo si attiva; improvvisamente si accendono mille luci e tutti i nostri desideri collaborano a questo sfavillio di colori che qualcuno chiama energia psichica, ed ecco che qualcosa dentro di noi ci fa dire: “…ecco, è arrivata!” La cosa importante è riconoscerla. Averne piena e reciproca consapevolezza.
Col fuoco, gli antichi riuscivano a scaldarsi d’inverno, cuocere la carne che, come animali e con gran fatica, mangiavano cruda; tenere lontane le fiere, illuminare le caverne; riuscirono a fondere i metalli e darsi così attrezzi per lavorare la terra ed armi per difendersi e cacciare.
Zeus, temendo che gli uomini col fuoco sarebbero diventati troppo superbi, decise di mandare loro solo sciagure (fatica, malattie, preoccupazioni e guerre fra di loro).
La cosa non sfuggi a Prometeo, fratello di Epimeteo, che aveva assistito alla nascita di Atena, dea della sapienza, dalla testa di Zeus, e la dea stessa gli aveva insegnato l’architettura, l’astronomia, la matematica, la medicina, l’arte di lavorare i metalli, l’arte della navigazione.
Prometeo non poteva accettare che gli uomini conducessero una vita così infelice e meschina, così pensò di dar loro un prezioso dono. Prometeo pensò di rubare il fuoco e una notte, dopo aver addormentato Vulcano con una tazza di vino drogato, portò via qualche scintilla che nascose in un bastone di ferro cavo; poi corse dagli uomini ed annunciò che recava loro il dono più grande. Ben presto tutta la Terra brillò di fuochi attorno ai quali gli uomini cantavano felici!
Prometeo per punizione, venne legato ad una rupe nel Caucaso. Rimase lassù, legato sulle rocce e su vertiginosi precipizi. Ma non dovette soffrire solo fame, freddo e sete! Ogni giorno, infatti, una grande aquila veniva svolazzando da lui e con gli artigli gli squarciava il ventre, divorandogli il fegato; durante la notte il fegato ricresceva, le ferite si rimarginavano e il mattino dopo Prometeo doveva subire nuovamente quella tortura. Un giorno Ercole vide l’aquila straziare Prometeo incatenato; uccise il rapace e spezzò le catene, permettendo a Prometeo di opporsi a Zeus che aveva deciso di distruggere il genere umano per creare un’altra stirpe.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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