Spifferi di palazzo 35

MA LA MELONI SA CHI E’ STATO MATTEI? LO HA STUDIATO?

          In crisi per il flop nella lotta agli immigrati – sulla quale ha giocato gran parte della campagna elettorale stravinta lo scorso anno –  Giorgia Meloni, o chi per lei, ha tirato fuori dal cilindro un nome che alla Destra dovrebbe far tremare le vene dei polsi: Enrico Mattei, “utilizzato” dalla Premier per lanciare un fantomatico piano per l’Africa.

          Ma la Meloni sa chi è stato Enrico Mattei? Le hanno spiegato che cosa ha fatto e politicamente con chi si rapportava? Le hanno detto che parliamo di un grande partigiano, un combattente nella lotta al nazifascismo?

          Le ricordiamo, se i “suoi” non lo hanno fatto, che Mattei è stato il fondatore dell’ENI e  – fortemente osteggiato dalla grande industria privata – l’“inventore” del Giorno la cui direzione affidò a Gaetano Baldacci, anch’egli  partigiano e  che aveva conosciuto durante gli anni della lotta clandestina.

          E Meloni, che si riempie la bocca del nome di Mattei, sa che la Destra del dopoguerra, quindi anche il MSI di Giorgio Almirante, lo considerava un “corruttore” del Paese. Era nemico delle 7 sorelle, non proprio “amico” degli Usa e “più vicino” all’Unione Sovietica.

          Sa, la Premier, che negli anni dal 1948 al 1953 Mattei è stato pure deputato della Democrazia Cristiana?

          Ed oggi, cinicamente, lo “santifica” nel nome di un “Piano per l’Africa” che, nato senza un’adeguata preparazione e condivisione con la UE e i paesi africani, rischia di tramutarsi nell’ennesimo flop. Né più né meno come è avvenuto per il blocco navale e la ricerca degli scafisti per tutto “l’orbe terracqueo”.                    

Già allora l’aveva sparata grossa. Oggi, “volando” troppo vicino al sole, la Premier rischia di bruciarsi le ali e di starnazzare a terra.

In realtà, più che altro, quella presentata con tanta enfasi, sembra una grande operazione mediatica che l’Italia rischia di portare avanti “in solitaria” se non riuscirà – ma non è scontato –  a coinvolgere, almeno “ex post”, la UE. E non sembra che le cose vadano bene, stando al “freddo” di alcune reazioni come i francesi (non proprio pizza e fichi) che si riservano di “capire di cosa si tratta”.

          Ed anche dall’Africa i giudizi sono per ora in gran parte di attesa. “Non siamo stati coinvolti”, ha detto polemicamente nel suo intervento al Senato il presidente dell’Unione africana, Moussa Faki. Quello “vero”, e non il personaggio imitato dai due comici russi e con il quale ad ottobre la Premier aveva conversato per mezz’ora non accorgendosi dello scherzo.

          Ma  con i commenti, ovviamente entusiasti e positivi, della “banda Meloni” stride l’assenza di diversi paesi assai determinanti invece nello scacchiere africano. Hanno disertato, per esempio,   i paesi del Sahel, mancano le delegazioni del Burkina Faso, del Mali, del Niger, del Gabon, della Liberia, del Sudan ma soprattutto della Nigeria che conta 210 milioni di abitanti e con il suo presidente, proprio in questi giorni in vacanza a Parigi. In tutto erano presenti meno della metà dei Capi di Stato.

          Sono preoccupanti campanelli di allarme della fragilità di un Piano che ha sullo sfondo principalmente il problema dell’immigrazione e il disegno governativo di ridurre gli sbarchi, facendo di tutto per tenere gli africani “a casa loro”.

Intanto ,Giorgia ha incontrato nel pomeriggio a Palazzo Chigi Jannik appena rientrato dal trionfo australiano.Sinner domani sara’ ricevuto dal Capo dello Stato al Quirinale.

PdA

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