SCUOLA:DISCUSSIONE SULLA QUESTIONE DEGLI OCCUPANTI DEL LICEO CLASSICO TASSO A ROMA

I tre protagonisti della vicenda mediatica del Tasso: occupanti, preside e genitori, sono inseriti in un discorso che è complesso e che va scomposto per essere analizzato giustamente. La polarizzazione di tale vicenda, infatti, non rende giustizia a nessuno di questi ruoli che, invece, qualora scomodati dovrebbero essere chiamati in causa con la giusta onestà intellettuale.

Anche perché per quanto si scrivano articoli sul Tasso, solo chi l’ha vissuto sa come funziona davvero questo microcosmo.

Per quanto riguarda gli studenti riconosco la poca credibilità che un tale gesto può assumere da un punto di vista esterno: si parla di un’élite che dice di essersi stancata di essere un’elite, ma che fa fatica a guardare oltre il proprio privilegio. Vista dall’interno, invece, è tutta un’altra storia.

Guardare oltre il proprio privilegio significa fare i conti con l’autocritica, fondere il dubbio, sgomberare il campo della mistificazione e desemantizzazione ideologica, imparando ad accettare una rivelazione perentoria e inequivocabile. All’interno del paradigma critico e dialettico che la scuola dovrebbe abbracciare questa lezione può essere sostenuta soltanto dai professori, come comunicatori degli usi sociali dei saperi e come germogli di una vera rivoluzione culturale.

Il provocatorio è costruttivo solo se ridimensiona e svela altrimenti diventa un ulteriore strumento di polarizzazione del dibattito, che a mio avviso non dovrebbe concentrarsi sulle sanzioni.

Dall’altra parte il Preside ha preso una posizione forte. Se io fossi un’occupante del Tasso mi chiederei: questi segnali di autorevolezza mi fanno onore? Il Preside sta riconoscendo il mio atto in quanto politico e illegale o mi sta solo punendo in quanto teppista garantito? E poi mi direi subito che la risposta è la seconda. E quest’anno mi ha fatto molto riflettere il fatto che è il Preside che non vuole più sottostare al paradossale galateo dell’oppressione al quale è stato abituato. Ecco il secondo cortocircuito.

Poi ci sono i genitori. Citando la metafora del professor Brughi nella sua lettera contro l’occupazione: “molti adulti considerano gli “occupanti” come dei bambini che non vanno privati del “girello” in cui giocare con il kit del “piccolo rivoluzionario””.

Questa penso sia la posizione peggiore tra le tre in quanto annichilente e offensiva verso gli occupanti: si annulla il “significante” illecito e il significato politico dell’atto. Ed ecco il terzo cortocircuito. Purtroppo tutte e tre le posizioni si alimentano a vicenda dello stesso cibo: il privilegio, linfa vitale per cui il dibattito è stato in piedi, sta ancora in piedi, e ci ristarà il prossimo anno. Nella speranza che si parli di scuola pubblica in quei salotti televisivi e non delle sovrastrutture mediatiche di un atto fin troppo esautorato.

Flavia Martines

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