UNO SGUARDO DALL’ALTO

Beaumont sur Mer- Deve essere bello e rassicurante non vedere al di là del proprio naso! Oltre il proprio naso si può cercare l’altro in estate, nel caldo bagliore delle stelle cadenti. Lo si può cercare in autunno nei cangianti colori delle foglie appassite. Lo si può cercare in inverno nel candido bianco dei fiocchi di neve. Lo si può cercare in primavera nel dolce profumo dell’erba che nasce. Lo si può cercare invano senza sapere che era in ogni stagione.

Le Amministrazioni Comunali, in quanto non proprietari bensì custodi dei beni comuni, dovrebbero esercitare nei confronti di tali beni un diritto di cura fondato non sul singolo interesse, come nel caso del diritto di proprietà, bensì sull’interesse generale.

Tutto ciò che ci irrita negli altri, dovrebbe insegnarci a capire noi stessi. Siamo tutti maestri nell’uso della proiezione, un meccanismo di autodifesa che ci toglie dall’imbarazzo di doverci guardare dentro. Questa diavoleria sembra proprio essere come un trasferimento inconscio, cioè inconsapevole e non intenzionale, di elementi psichici soggettivi su una persona o oggetto esterno.

L’individuo vede in questo oggetto qualcosa che non c’è, o potrebbe esserci solo in piccola parte. Talvolta nell’oggetto non è presente nulla di ciò che viene proiettato. Non sono soltanto le qualità negative di una persona a essere proiettate all’esterno in questo modo, ma in uguale misura anche quelle positive. La proiezione di queste ultime genera una valutazione e ammirazione eccessive, illusorie e inadeguate dell’oggetto. L’introspezione nelle proprie proiezioni d’ombra implica in primo luogo una umiltà morale e una intensa sofferenza. Invece l’introspezione nelle forme di proiezione dell’Animus e dell’Anima richiede (come direbbe G. Jung) più che umiltà, soprattutto riflessione, nel senso di saggezza e umanità , come si richiede a tutti quelli che concorrono nel volere il meglio della Comunità!

Agli amministratori viene chiesto di essere “disinteressati” in quanto dovrebbero andare oltre il diritto di proprietà per prendersi cura di beni che sono di tutti. In entrambi i casi, si tratterebbe di un’evoluzione quanto mai positiva della specie umana, che dimostrerebbe in tal modo di saper uscire dalla ristretta cerchia familiare e dall’individualismo proprietario per aprirsi al mondo. Questo porta all’interesse pubblico che è “generale”, cioè di tutti, solo in questo senso: perché tutti, attraverso i meccanismi della rappresentanza politica e attraverso l’esercizio dei diritti di libertà costituzionalmente garantiti, devono avere la possibilità di partecipare alla scelta. D’altra parte, in un ordinamento democratico ed in una società complessa in cui gli interessi da proteggere sono tanti e fra loro in vario modo confliggenti (ad esempio, i servizi, l’ambiente e lo sviluppo non certo chi è in disaccordo), questo è l’unico modo per concepire correttamente (dal punto di vista giuridico) l’interesse pubblico.

Nell’Ordinamento italiano vige il principio per cui l’interesse “pubblico” (come qui definito), quando è individuato dalle istituzioni legittimate con l’osservanza della Costituzione e del diritto, prevale su qualsiasi altro interesse, “generale” o “non generale” che sia : ad esempio, il Comune che in sede di pianificazione urbanistica decide, nel rispetto delle leggi, in un certo momento e in una certa situazione, di consentire l’edificazione di una vasta area, individua come interesse pubblico (perciò prevalente) l’interesse (di per sé “generale”) allo sviluppo economico sull’interesse (anche questo di per sé “generale”) alla maggiore tutela dell’ambiente.

A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

Quello che servirebbe a questa Cittadina derisa e umiliata, sarebbe un profondo cambiamento di ‘senso’, non più di segno: intendendo con questo il recupero della più originale, più forte e più grande tradizione che ci appartiene, che appartiene a tutti quei paesi che si affacciano sul grande lago Mediterraneo. Purtroppo, si sta facendo sempre più strada un sentimento di scoramento anche nei più entusiasti delle finalità dello Stato. Vedo negli Amanteani una rinuncia, forse dovuta ad una stanchezza della mente, dello sguardo e del cuore. Una sempre più accentuata sfiducia nella ragione e nella capacità di creare una nuova realtà degna della storia Calabrese.

Gigino A Pellerini & G el Tarik.

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