CAMPEGGIO ESTIVO

La mia Parrocchia organizzava ogni anno nel mese di luglio un campeggio estivo sui monti abruzzesi al quale potevano partecipare ragazzi e ragazze dai tredici ai sedici anni.

Era veramente un periodo di vacanza eccezionale perché noi, ragazzi di città, non avevamo mai la possibilità di  girare per i boschi ed imparare i nomi delle piante e di godere dei garruli ruscelli che scendevano dalla cima della montagna.

Inoltre ci sembrava vivere le medesime avventure di Sandokan descritte da Salgari nei suoi romanzi, che noi potevamo leggere solo quando erano disponibili nella biblioteca comunale, perché non eravamo in grado di acquistarli per mancanza di denaro.

Quindi passeggiavamo nei boschi sempre con molta attenzione perché temevamo di incontrare  qualche tigre da affrontare, nonché qualche ciurma di pirati che volevano rapire le nostre donne.

Io ero talmente affascinato da queste avventure che spesso le sognavo ed affrontavo con ogni mezzo tutti i pericoli.

Il sogno più bello lo feci quando incontrai una bellissima dama in attesa che i suoi accompagnatori sostituissero una ruota rotta della carrozza sulla quale viaggiava.

La guardai con attenzione , quindi pensai:” Ma questa è la Perla di Labuan!” e mi venne in mente una frase  ( chissà dove l’avevo letta!), che diceva:” Oh cacciator che vai per la contrada, se Diana hai perduto per la strada non ti crucciar, seduta c’è Afrodite che mi aspetta!” Ovviamente il cacciatore ero io, ma senza preda perché un attimo dopo la Perla sparì come una bolla di sapone.

Il sogno tornò più volte ma non andai mai oltre la bolla di sapone.

Dovetti quindi accontentarmi della mia  Angelina, che se non suscitava sogni ma solo semplici e dure realtà.

Al campeggio si occupava di cucina ( ad ognuno di noi veniva assegnato un compito) e con lei era difficilissimo anche parlare. Infatti i due gruppi di ragazzi   erano severamente separati, ed ogni infrazione avrebbe portato l’esclusione dal campo, con avviso alle famiglie delle gravissime ( sic!) infrazioni commesse.

Verso il settimo giorno di permanenza al campo vidi Angelina seduta davanti ad una pila enorme di fagiolini da pulire per cui mi sedetti al tavolo per darle una mano. Andammo avanti fino alla fine del lavoro poi le sussurrai a mezza bocca “So dove è la tua brandina. Stanotte passo una mezz’oretta.”  Sbiancò come una mozzarella ma non riuscì a replicare.

Passai tutto il tempo travolto da un’emozione indicibile perché mi chiedevo se avrei avuto il coraggio di mantenere la promessa oppure se rinunciavo come avrebbero fatto tutti coloro che si fossero trovati in queste circostanze.

Verso mezzanotte stavo per rinunciare ma ni venne in mente il comportamento che avrebbe avuto Sandokan in tali condizioni. Non ebbi più dubbi. E quatto quatto come L’ombra che cammina,  un eroe dei fumetti dei nostri tempi, entrai nella tenda e mi diressi verso la brandina numero 3, dove una mano caritatevole mi accolse sotto le coperte. La prima cosa che mi disse fu ”Vattene tra due muniti”. Restai un po’di più e facemmo sotto quelle coperte quello che facevano i quindicenni di quei tempi: cioè niente. Tornai alla mia brandina e mi sembrò di aver conquistato l’Everest.

Mi vantai con i miei compagni della bravata, i quali ammirarono il mio ardire e salii di molto nella loro considerazione.

Dopo una settimana vidi Angelina che si arrabattava intorno ad un pentolone pieno di patate da sbucciare, per cui mi fermai a darle una mano. Anche questa volta le dissi che sarei passato a trovarla a mezzanotte. Non rispose e non mosse ciglio per cui mi convinsi del suo assenso.

 Giunta l’ora, con passi felpati  salii sulla brandina numero tre ma sotto le coperte non trovai Angelina ma Lucia, la più brutta del campeggio! Si erano scambiate di posto per darmi una solenne lezione! Stavo per fare buon viso a cattivo gioco, ma sentii un tramestio di passi veloci ed una voce sommessa che diceva “Qui non c’è. Neanche qui”. Lucia capì subito la situazione e con un calcio mi buttò  dalla brandina. In un attimo fui fuori dalla tenda e mi nascosi in un anfratto buio poco lontano  dove potei riflettere sull’accaduto. I miei amici avevano avvertito il Parroco che la mia brandina era vuota perché invidiosi della precedente mia avventura, mentre Angelina voleva solo scherzare.

un minuto dopo sentii chiamarmi con voce del Parroco molto preoccupata. Io risposi subito: “Arrivo!”. Appena mi vide mi apostrofò in malo modo- “Che fai lì, pezzo di scemo. Hai qualche motivo?” “Ebbene sì” risposi “Da un po’ di tempo ho iniziato a fumare. Per cui non riuscendo a dormire, sono uscito a fumare una sigaretta. “Un vero capolavoro” mi rispose “ Da domani e per tutti i giorni restanti dovrai cercare legna per i falò della sera. Inoltre al rientro avvertirò i tuoi genitori dell’accaduto.”

Affrontai con leggerezza la prima punizione. La seconda mi preoccupava  molto di più.

Infatti una settimana dopo il rientro mio padre mi convocò nel suo studio e, con la sua cintura nella mano destra, mi chiese: “Cosa è questa storia del fumo?” “Ma no, babbo (così lo chiamavamo a quei tempi), ero andato nella tenda delle ragazze a trovare un’amica e per non farmi beccare in flagrante ho inventato la storia del fumo”. “Ahh beehh!” mi rispose e brutalmente    e mi  chiese “ Come è questa amica?” La prima bella, la seconda brutta!” risposi. Non volle indagare oltre ma visti i risultati dei danni causati dalle sigarette e dal pericolo corso, in ogni stanza di casa nostra appese i seguenti cartelli: “ In questa casa non si fuma”.

Qualche tempo dopo incontrai Angelina, la quale mi chiese: “Come va?” “Benissimo, risposi. “Mi sono fidanzato con Lucia Quei dieci secondi trascorsi sotto le sue coperte mi hanno fatto innamorare.”

Restò di sasso!

Stavolta lo scherzo glielo feci io.

VIT

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