CERCO QUALCOSA DA DIRE A UNA FIGLIA

Beaumont sur Mer – Sono quasi certo di non essere pazzo. Semplicemente ho sentito all’improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano accettabili, perché non hanno in loro ciò che cerco. Prima non lo sapevo. Molto tempo fa.

Questo mondo così com’è fatto non è tollerabile. Ho bisogno di Marte, o della felicità o dell’immortalità e sono oggi in perfetta sintonia con un mio antico professore di filosofia molto incazzato con il primo uomo che aveva deciso di morire.

Ho un bisogno vitale di qualcosa che sia demenziale forse, ma che non faccia parte delle banalità di questo mondo mediocre e insopportabile. Non mi riferisco all’espressione: “ Siate realisti, chiedete l’impossibile” tanto decantata dai sessantottardi che conservano i cimeli della loro primavera sotto naftalina e ben curati nei loro armadi, pronti a mostrarli ai loro ospiti, dopo una cena fatta di salmone sockeye affumicato del Pacifico e con del caviale persiano.

Nel 1967, ero partito per studiare nel Nord Ovest Canadese e Columbia Britannica sul Pacifico, ma quello che stava succedendo non permise di rispettare e mie buone intenzioni. Molti gruppi studenteschi iniziarono a organizzare proteste e manifestazioni, durante le quali tantissimi cominciarono a bruciare cartoline di “leva” cantando slogan: “Ehi, ehi LBJ, (Lyndon B. Johnson , presidente USA) quanti bambini hai ucciso oggi?” La massiccia spesa statunitense per lo sforzo bellico contribuì a far salire alle stelle il deficit statunitense e non solo.  Questo contribuì non poco a convincere più segmenti del pubblico americano, inclusi gruppi religiosi, organizzazioni per i diritti civili e, infine, anche alcuni veterani del Vietnam, contro la guerra in Vietnam.

Il movimento studentesco nacque e si sviluppo all’interno dell’Università della California a Berkeley nel 1964, quando gli studenti si attivarono per i diritti civili  e si irritarono per l’improvviso tentativo dell’università di impedire loro di organizzarsi politicamente nel campus. Il “Movimento per la Libertà di Parola” nacque per sfidare le restrizioni dell’università verso discorsi politici e cercarono di impedire le assemblee. 

Alcuni di questi gruppi studenteschi divennero una parte importante della Nuova Sinistra nordamericana, un movimento politico ad ampio raggio che sfidò le forme di autorità esistenti, mentre altri abbracciarono una controcultura che promuoveva liberazione sessuale e uso di droghe.

Il mio arrivo in Nord America coincise con tutto questo attivismo. In Italia già nel 1964, durante la frequenza dell’istituto superiore avevo preso parte a molte assemblee e proteste di varia natura, a cominciare dalle “tradotte” in legno della prima guerra mondiale usate come carrozze ferroviarie.  L’aria che si respirava sulla costa del Pacifico era straordinaria. Con i miei capelli lunghi non ebbi nessun problema a far parte del movimento Hippie.

In quegli anni, durante il periodo estivo tornavo spesso in Europa e in Italia. Ogni qualvolta, verso la fine di agosto, ritornavo in Canada, ad aspettarmi c’era quasi sempre il mio amico Emilio Gatto (Zapata) e un compagno marxista che mi chiedeva sempre “Come sono i nostri compagni italiani”? Io gli rispondevo che ci assomigliavano un po’ ma erano “stilizzati”. Avevano i capelli lunghi come noi ma erano ben curati.

Nel marzo del 1968, un giornalista del quotidiano francese Le Monde affermò che i francesi erano troppo annoiati per prendere parte ai tumulti che avevano cominciato a travolgere altri paesi quell’anno. C’era pace e prosperità in Francia. Ma esisteva anche una società patriarcale radicata guidata da un presidente profondamente conservatore, Charles de Gaulle, che nel 1968 era già al potere da 10 anni. E c’era una generazione di giovani che desiderava una maggiore libertà.

Le manifestazioni acquistarono un carattere particolare perché alle vaste agitazioni studentesche si aggiunse, il 13 maggio 1968 il più importante sciopero generale della V Repubblica. Il movimento paralizzò completamente il paese per diverse settimane, accompagnandosi ad una generale frenesia di discussioni, dibattiti, assemblee generali e riunioni informali

Anche in Italia le proteste studentesche iniziarono a decollare nel 1967, l’anno che lasciai l’Italia. Era in aprile e a Napoli si svolgeva il funerale di Totò. Uno degli slogan del movimento era “Voglio essere orfano”. Tuttavia, dopo una fase iniziale di creatività, il movimento finì all’ombra di vari piccoli gruppi ideologici. 

Oggi che di anni ne son passati 50 da quel periodo e da Woodstock, alcuni amici mi chiamano “signor no”! Accetto questo loro modo di esprimere il loro bene, ma devono sapere che il mio “no” è sinonimo di ribellione.

In questo momento passano davanti a me le immagini di un vecchio film del 50 di Richard Brooks: “Crisis” con Cary Grant e José Ferrer. Il neuro- chirurgo Eugene Ferguson si sposa con Helen e parte per il Sud America in viaggio di nozze. Durante la luna di miele viene arrestato e tenuto in ostaggio da un gruppo di soldati nel pieno di un movimento insurrezionale contro il dittatore Farrago. L’uomo alla fine riesce a liberarsi, ma viene avvisato che il politico è gravemente affetto da un tumore al cervello ed ha bisogno di un’immediata operazione.

Nel frattempo il ribelle Gonzales rapisce la moglie di Ferguson, minacciando di ucciderla se il marito compirà l’operazione. Ferguson opera Farrago e l’operazione riesce. L’esito però viene tenuto segreto mentre il dittatore inizia il suo periodo di riabilitazione e l’opinione pubblica crede che il terribile aguzzino sia morto.

Quando il popolo invade il palazzo, Farrago muore realmente per la paura e Ferguson viene ringraziato dai ribelli. La sua avventura non finisce qui: uscendo dal palazzo Gonzales viene ferito ed implora l’aiuto del chirurgo… Lascio il finale a quei pochi curiosi che vogliono sapere. E’ in loro che mi riconosco.

“Doveva pur morire, presto o tardi;

il momento doveva pur venire

di udir questa parola…

Domani, e poi domani, e poi domani,

il tempo striscia, un giorno dopo l’altro,

a passetti, fino all’estrema sillaba

del discorso assegnato e i nostri ieri

saran tutti serviti

a rischiarar la via verso la morte

a dei pazzi. Breve candela, spegniti!

La vita è solo un’ombra che cammina,

un povero attorucolo sussiegoso

che si dimena sopra un palcoscenico

per il tempo assegnato alla sua parte,

e poi di lui nessuno udrà più nulla:

è un racconto narrato da un idiota,

pieno di grida, strepiti, furori,

del tutto privi di significato!”  Dal Macbeth  di W. Shakespeare.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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