LA PAURA

Beaumont sur Mer – Ai giorni nostri, per molti aspetti simili all’epoca in cui si sperimentava un profondo senso di sfiducia verso la vita, il progresso e la ragione, in cui il la mediocrità umana ha avuto il sopravvento su ogni ideologia e il relativismo ha prevalso in ogni strato sociale, il rapporto fra persone di età diverse si è sensibilmente modificato.

Non c’è più il contrasto d’identità visto che i più anziani e quelli più giovani sono consapevoli del crollo di ogni ideologia assoluta; c’è però una certa incapacità di comunicare, dovuto soprattutto al profondo gap socio-culturale. In questo clima, tipico di una società fortemente fondata sul conformismo, dove non saper twittare è considerata una nuova forma di disabilità, essere “diversi” rischia allora di diventare pericoloso perché incute paura e la paura, se non la si guarda in faccia, scompagina l’esistenza.

Se interagire nella società è un bisogno naturale dell’essere umano, il suo opposto, ossia l’isolamento sociale, desta spesso preoccupazioni ed allerte, soprattutto se a praticarlo sono adolescenti e giovani adulti.

L’attuale è un’epoca in cui le conoscenze e le istanze hanno un’evoluzione tumultuosa e non basta più ripetere e fornire buone esecuzioni, ma scoprire ciò che non si conosce e ampliare ciò che già si sa.

Gli esseri umani dovranno fare uno sforzo enorme per far finta di non capire che l’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione delle persone dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dai megalomani e presuntuosi, capetti delle amministrazioni politiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.

Nel circo globale a comandare sono i saltimbanchi, innaturali e incapaci di un sorriso, e di far ridere. Gli stranieri, i colleghi, la vicina di casa, lo sconosciuto sul tram, il tizio che ti taglia la strada.  Tutto sembra dar fastidio.

Siamo tanti, forse troppi e il contatto con gli altri può diventare un fastidio. E non solo gli sconosciuti, a volte anche i genitori, i figli e addirittura il partner fanno venire voglia di rinchiudersi in un manto protettivo di solitudine. A tale proposito, si dice che la solitudine può insegnarci più cose rispetto a qualsiasi compagnia. Anche se siamo creature sociali e abbiamo bisogno dell’interazione per crescere e imparare a vivere. Spesso la solitudine è il prezzo della libertà, ma non per questo deve essere considerata negativa.

L’interesse del potere costituito è che l’individuo si uniformi agli altri, abbia gli stessi gusti e le stesse aspirazioni degli altri e solo in questo modo diventa facile ingabbiarlo nel vortice della schiavitù: Lavorare, Guadagnare, Consumare. Perseguendo questo stile di vita imposto dall’alto, si arriva a fine giornata senza il tempo e le risorse necessarie per “pensare” a cosa fare, oltre a ribellarsi, come suggerisce l’amico Alfonso Lorelli, per concepire un altro futuro..

  Gigino A Pellegrini e un G el Tarik

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