UN UOMO SCIUE’ SCIUE’

Oscure notti clandestine nella  sua ex Città. Notti insonni fatte di personaggi e di dettagli corpulenti nei locali fumosi; la grazia e l’eleganza dei sensuali ballerini, malinconiosi e passionali. Le donne, dalle labbra vermiglie, occhi languidi, smaniosi; nella loro solitudine attendono qualcosa di eterno come l’amore o un attimo fugace di passione.

Quest’uomo, che avrebbe dovuto essere forse custode di segreti da non rivelare, aveva una  eleganza, che non gli era tanto congenita, fortemente connotato di virilità e di potere seduttivo concentrati su degli occhialini tondi, come soleva dire il carissimo amico Velio, se ne stava a guardare dal balcone la nuova piazza Margherita, mentre una vocina discreta gli sussurrava nell’orecchio sinistro: “Siamo fatti anche noi della stessa sostanza di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita.” Frase partorita, certamente, dalla mente di Shakespeare.

L’eco sociale avrebbe dovuto nascere dalla sua abile capacità di arrivare direttamente al cuore attraverso gli occhi. Abile ammaliatore, intercalato ad essere prima uomo che qualsiasi altra cosa, invitato dall’occhio osservatore a scrutare più a fondo ciò che si pone dinnanzi allo sguardo, per aprirsi ad immaginari più ampi e comporre con la propria fantasia quale sia la segreta storia che si nasconde dietro quell’attimo rapito, dalla sua macchina fotografica.

Irresistibile è la tentazione di tuffarsi in questo suo mondo in bilico tra la realtà e il sogno. Sensazioni che suscitano un’attrazione immediata, regalando il piacere di un pensiero. Tutti, forse, vorremmo fermare in un quadro o in qualche pagina il momento in cui tutto sta per accadere. Dipingere o esprimere con la sciolta naturalezza di chi non ha nulla da nascondere perché è abituato a mettere in mostra il proprio mondo, fantasie e ossessioni comprese, su una donna con le spalle larghe incrociata tanti anni prima. Prima di incontrare Marcel Proust che consigliava:  “Lascia le belle donne agli uomini senza immaginazione”. 

Lui, il nostro uomo, era sicuro, che durante il lungo cammino della vita aveva fatto molte esperienze. Sapeva anche che questo era uno dei segni più precoci e più sottili dai quali riconoscere l’uomo mediocre. E per dirla con Robert Musil:

“Per lui niente è stabile. Ogni cosa è suscettibile di trasformazione, è parte di una totalità, di innumerevoli totalità, che probabilmente appartengono a una super totalità, che però lui non conosce affatto. Così ognuna delle sue risposte è una risposta parziale, ogni suo sentimento è solo un punto di vista e, di una cosa, non conta per lui che cos’è, ma sempre e soltanto un secondario ‘com’è’, un accessorio qualsiasi.”

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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