Con moltissime probabilità la creatività è una prerogativa del “femminile” intesa come energia e del resto è difficile non essere d’accordo visto che è il femminile che procrea e che è naturalmente fecondo. Gli artisti, e non è casuale, hanno spesso una dimensione “femminile” molto forte. Hanno un rapporto direi quasi privilegiato con la loro “Anima”, ed è da questa miscela magica di connessione tra maschile e femminile che scaturisce con naturalezza la creatività.
“La Grande Madre non è semplicemente la Dea che decide della vita o della morte, o che determina uno sviluppo positivo o negativo; il suo atteggiamento è al tempo stesso un giudizio, una sentenza di alta corte. Nessuno sviluppo o razionalizzazione successiva può cancellare questa convinzione di una colpa primaria, poiché il disturbo del rapporto primario ha effettivamente leso l’individuo e lo ha portato ad uno sviluppo sbagliato che fornisce continuamente, a posteriori, ragioni sufficienti a giustificare il senso di colpa”. Erich Neumann.
Dunque, è facile concepire il femminile con due caratteri: quello elementare che tende (come nella fase ancestrale del Matriarcato) a trattenere tutto ciò che genera e quindi diventa conservatrice e frenante; quello evolutivo che invece ostacola la conservazione e porta al cambiamento, al mutamento, alla creazione. Per ricollegare questa breve premessa alle nostre tradizioni socio-culturali penso sia importante osservare come le donne descritte dal Boccaccio nel “Decameron” risultano decisamente emancipate tanto che in ”elegia di Madonna Fiammetta” per la prima volta la donna è l’unica attrice protagonista.
Nel Boccaccio, la donna non si limita ad essere ombra e riflesso della passione dell’uomo, ma diventa il personaggio centrale della vicenda, che affronta e soffre l’evento amoroso dentro di sé, come naturale creazione del proprio essere. Altro immenso autore rinascimentale è Ludovico Ariosto. La sua opera maggiore ci ha consegnato un autore estremamente innovativo all’interno de’ “L’Orlando Furioso”. Non a caso nel suo meraviglioso poema egli rappresenta alcune figure femminili assolutamente rivoluzionarie.
Se nel Medioevo si incontravano donne che si limitavano ad essere ispirazione per gli artisti o sogno per gli eroi, nell’Ariosto il lettore si trova di fronte a due figure di donne assolutamente emancipate e indipendenti. Le donne nel “Furioso” sono coscienti di ciò che desiderano e dotate dei mezzi per raggiungerlo, pur utilizzando diverse strategie.
Bradamante, estremamente femminile, da quasi cavaliere, cavalca vestita della sua armatura e sconfigge altri quasi cavalieri e maghi, mentre Angelica pensa, riflette, calcola il modo migliore per raggiungere il suo scopo. Ariosto non mirava certo alla rappresentazione di una figura ambigua, quanto a quella di una figura innovativa.
Si nota una grande ironia nella vicende delle due donne principali del Romanzo ariostesco : entrambe si trovano a dover salvare i loro amati. Bradamante deve infatti far fuggire Ruggiero dal castello fatato creato da Atlante per farlo diventare il predecessore dell’uomo raccomandato (nella realtà fiabesca in cui vive, Ruggiero non può morire).
Ruggiero sarà poi chiamato ad indossare i valori occidentali e cristiani per combattere il principe dei cavalieri mussulmani Rodomonte. Due figure, quelle di Angelica e Bradamante, che quindi si completano, mostrando una realtà femminile assolutamente innovativa per l’epoca in cui fu scritto questo poema.
Facendo un salto in avanti di circa 400 anni, scopriamo che il moderno Italo Svevo dedica alle donne, all’interno de “La coscienza di Zeno”, moltissima attenzione, evidenziando tre figure femminili. La prima è senza dubbio Ada, la donna che Zeno aveva deciso di voler sposare sin dal primo incontro e che mai ricambiò il suo amore. Ada viene presentata come una donna molto sicura di sè e generalmente poco incline al riso; la serietà è una delle prime caratteristiche che Zeno riconosce e ammira in lei.
Con la rivoluzione industriale la donna compie un passo decisivo verso la modernità, affiancandosi all’uomo nel lavoro in fabbrica. In Italia è molto diffusa una storia che fa risalire l’origine della Festa della Donna ad un grave fatto di cronaca avvenuto negli Stati Uniti. La versione “tradizionale” vuole che nel 1908 a New York, alcuni giorni prima dell’8 marzo, le operaie dell’industria tessile Cotton iniziarono a scioperare per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare.
Lo sciopero proseguì per diversi giorni finché l’8 marzo Mr. Johnson, il proprietario della fabbrica, bloccò tutte le vie di uscita. Poi allo stabilimento venne appiccato il fuoco. Le 129 operaie prigioniere all’interno non ebbero scampo.
Durante il periodo fascista la donna torna ad essere emarginata nel ruolo esclusivo di moglie e di madre; dalla conclusione del Ventennio la donna continua, senza fermarsi fino ai giorni d’oggi, a salire socialmente. La donna continua a fare progressi enormi nella società. In Italia circa un terzo delle donne in età lavorativa ha un’occupazione. La donna non accetta più come unico ruolo quello di moglie e di madre, ma trova una nuova possibilità di realizzazione nel campo del lavoro, in cui può servirsi delle sue doti d’intelligenza e applicare il suo genuino interesse.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik