RIPENSANDO A QUANDO…

Beaumont sur Mer – “Il mezzo più efficace per tutelare l’uomo  consiste nell’abolizione dell’attuale sistema economico, fonte inesauribile di malattie: verrebbero così liquidate ignoranza, povertà, disoccupazione.” Norman Bethune 

Quando gli ideali si sgretolano….. era l’estate del 1971 e mi trovavo a percorrere in macchina con l’amico fraterno Orly il lungofiume Saskatchewan nella città di Edmonton. All’improvviso scoppiai a piangere e a ripetere che tutto era finito. Orly mi portò al pronto soccorso ospedaliero dell’università dove passai la nott

La mattina dopo, tutto era stato rimosso e mi recai a lezione di filosofia. Quando l’ideologia va in frantumi, resta solo qualche antica credenza che da “al pensiero una valenza magica”. Ciò che mi restava erano alcuni principi dell’individualismo anglosassone. il mio posto nel sociale era insieme a quella minoranza umana che non avrebbe mai mangiato merda.

 Mi sono visto solitario ma in pace con me stesso come quando facevo il portiere nel calcio, il tennista e giocatore di golf. L’elemento positivo in questo era ed è una ripugnanza per il suffragio universale, con l’idea che il voto non potrebbe mai rappresentare il vero pensiero di un uomo. Ci vollero anni per capire che cosa mi aveva sempre dato fastidio nel cosiddetto “suffragio universale”.

Così dopo una trentina di anni passati in Rai, sono tornato a “vivere” nel luogo che mi vide nascere. In quegli anni qualche potente uomo si impossessò di un piccolo atomo e lo trasformò in un fungo di morte. Durante la mia adolescenza, quando la radio stava per lasciare parzialmente il posto alla televisione, in questa terra bagnata dal mare di Ulisse, mi limitavo  a scribacchiare, ma ancora più convinto sulla lotta di classe. 

Pensavo di essermi lasciato alle spalle tante brutture, dalle quali in realtà non mi ero mai allontanato. In questi miei “scritti” ho cercato di mettere a punto una serie di strumenti di inchiesta che permettessero a tutti di prendere coscienza che tutti i fatti sociali riflettono, anche se a livelli diversi, le strutture collettive in cui si sono prodotte e che dunque, un qualsiasi fatto di cronaca è altrettanto importante e significativo di un qualsiasi evento “politico”.

Bisognava mettere gli interessi di un mondo migliore al di sopra della propria vita e subordinare gli interessi personali a quelli dell’insurrezione; sempre e ovunque, bisognava essere fedele ai principi giusti e condurre una lotta instancabile contro ogni idea e azione errata, in modo da consolidare la vita collettiva e rafforzare i legami con  le masse. Sembrano parole, queste, appartenenti ad un’altra epoca. Io non lo credo.

L’aspetto preoccupante di noi essere umani rimane comunque quella di cogliere dei meccanismi capaci di durata, entro cui inserire alcuni processi nei momenti congiunturali che mutano rapidamente. Oltre all’aspetto che evocava il contesto politico europeo, un ulteriore nube nera si  presentava a fare da sottofondo alla riflessione: la espansione dell’economia mondiale.

Il voto, creato della liberal-democrazia occidentale, può servire solo alla democrazia “indiretta” e cioè al grande pastrocchio. Così dopo una trentina di anni passati in Rai, sono tornato a “vivere” nel luogo che mi vide nascere quando del piccolo atomo incontaminato se ne impossessarono i potenti del mondo e lo trasformarono in un fungo di morte.

Per non essere frainteso: tutto è politica, per dire che qualsiasi fatto o evento mette in discussione la collettività nel suo insieme e trova il suo naturale sbocco nel sacrosanto diritto di ribellarsi, di contestare. Sarà la stanchezza e la nausea per la moderna politica spettacolo, sarà il senso d’impotenza generato in tutti, e non solo negli uomini di cultura, dal consumarsi di drammi come quello dell’invasione dell’Ucraina, Siria o della Libia.

E allora bisogna chiedersi: cosa voleva dire, Thomas Mann, quando invocava l’impoliticità? E la sua Kultur alla tedesca, intesa come “spiritualità, libertà interiore, passione per l’arte”, non era forse davvero preferibile alla Zivilisation, la civilizzazione occidentale basata sull’eguaglianza, il culto per la politica e quel che oggi definiremmo “buonismo”?

 L’impoliticità porta alla luce un pericolo oggettivo insito nell’ideologia dell’impegno, come quella liberaldemocratica. Thomas Mann aveva capito che la società moderna e contemporanea, e in particolare quella delle democrazie occidentali che avversava in quel momento, sviluppa automaticamente una crescente invadenza nella vita dell’individuo: “I sentimenti, l’arte, tutto ciò che non è immediatamente politicizzabile e moralizzabile. Questa è una forma di totalitarismo strisciante che non lascia all’individuo nessuno spazio veramente suo”.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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