Punture di spillo 274

MELONI  CERCA DI ANESTETIZZARE IL PAESE

          Sono passati nove mesi e niente – o quasi – di quello che era stato promesso dalla Destra prima delle elezioni si è verificato. E’ vero che l’orizzonte di questo governo, vista anche l’inconsistenza delle opposizioni,  è quinquennale e che  quindi c’è ancora tempo. Almeno questo è il mantra del cerchio magico di Giorgia Meloni. Ma il guaio è che non si vede l’alba, non si vede su quali basi il programma elettorale dovrebbe cominciare a realizzarsi.

          In Europa il primo governo della Destra, molto attivo però nella propaganda di casa nostra, non tocca palla e la responsabilità è sempre  di quelli che l’hanno preceduto: passi per Giuseppe Conte, che comunque si è trovato ad affrontare una situazione drammatica e del tutto nuova, e senza precedenti nel mondo come il covid, ma coinvolgervi anche Draghi il cui prestigio internazionale è riconosciuto da tutti…

          Si abbia piuttosto il coraggio di ricordare che, di quella maggioranza, faceva parte un certo Matteo Salvini che aveva preferito non restare all’opposizione ma che non vedeva l’ora di mettersi di traverso, come anche i Cinque Stelle, alla caccia del consenso perduto.

          Queste cose, Giorgia Meloni le conosce perché è intelligente ma le mette da parte per dare voce ad una narrazione secondo cui tutto va bene e chi dice il contrario è un… Tafazzi.

          E qui emerge con prepotenza quella che Giuliano Ferrara chiamava “la Ducia”, e che amici e parenti assecondano perché sanno che solo a lei devono il loro attuale status.

Inutile girarci intorno. Non ci saranno le manganellate, l’olio di ricino, i pestaggi, ma la  Meloni – ora adulta ma cresciuta tra gli “eredi” del MSI – la si riconosce dal carattere deciso, dal linguaggio intriso di livore, dalla volontà di occupare ogni spazio e tutte le sedi del potere. Lo spoil system nella pubblica amministrazione e quello che avviene nell’informazione televisiva ne è una conferma: sei reti televisive (rai e mediaset) su sette a disposizione delle tesi governative, giornalismo d’inchiesta messo in ginocchio perché “disturba il manovratore”, big dell’informazione in fuga, telegiornali quasi tutti a voci unificate.

E per la carta stampata non va meglio. Il giornalismo – dall’arrivo sulla scena politica di Silvio Berlusconi – si è diviso nei cori da stadio di favorevoli e contrari. E mancano, con le dovute eccezioni, colleghi con la schiena dritta che scrivono esattamente come stanno le cose.

E poi ci domandiamo perché i giornali vendono sempre meno copie!

Bisogna invece dire – è la linea di Palazzo Chigi – che tutto va bene: il salario minimo non occorre, l’occupazione sta facendo registrare numeri record, la ratifica del MES “può attendere”, con il PNRR “siamo vicinissimi agli obiettivi”, sui migranti i blocchi navali agitati in campagna elettorale non servono perché “l’Europa ha cambiato passo”.

Polonia e Ungheria non sono d’accordo? Non importa. “io ho sempre grande rispetto per chi difende i propri interessi nazionali”, sostiene la Premier da sovranista, non ancora convertita del tutto all’Europa, e prefigurandosi  una possibile via di fuga.

Nulla di tutto questo, naturalmente, è vero ma “basta con il tafazzismo”: il Paese va anestetizzato.  Questa, la tesi imperante della Giovanna d’Arco della Garbatella entrata in politica a soli 16 anni – dice lei – dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino.

Tutto avrebbero pensato i due eroici magistrati, tranne questo tipo di eredità!

PdA

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