LA FIDANZATA

 Era rossa.

 Non mi riferisco alla Ferrari, che non ho mai avuto il piacere di incontrare, ma Angelica sì, l’ho incontrata tante volte, per il diletto mio ma anche suo.

Eravamo colleghi di lavoro e lei ammaliava tutti i ragazzi dell’ufficio perché era bella, rossa, affascinante, accattivante, suadente, inarrivabile, incantatrice e seducente.

Per essere tutto ciò non faceva nulla. Era naturale al massimo, senza trucco  e senza rossetto. Al mattino si alzava e – bella come il Sole che brilla di luce propria – veniva in ufficio con la sua criniera rossa, senza perdere tempo per cose che per lei sarebbero state totalmente inutili e che non avrebbero migliorato di un millesimo il suo fascino.

In altre parole, era  come l’ Albachiara cantata da Vasco Rossi.

Ma lei, al contrario di Albachiara, era reale e a portata di mano.

Aveva un solo difetto che confessava a tutti: era fidanzata.

 Questa sua insistita confessione le serviva per tenere lontano tutti quegli scocciatori che non perdevano occasione per farle i complimenti e cercare di poter godere di qualche briciola del suo fascino.

In particolare il suo collega di stanza – che io ogni tanto passavo a trovare – aveva per lei una cotta mostruosa. Tutte le mattine andava presto in ufficio e  faceva trovare sulla  scrivania di Angelica fiori, cioccolatini, bigliettini d’amore, regalini. Ma lei, sempre un po’ scocciata, gli diceva: “Ma lo vuoi capire che sono fidanzata e che per nessuna cosa al mondo  tradirei il mio uomo?”

Ma lui non se ne dava per inteso. Si confidava con me dicendo che non dormiva più e che il pensiero che qualcun altro l’abbracciasse gli procurava una sensazione di svenimento che, a lungo andare, gli causò una grave depressione che lo tenne lontano dall’ufficio per diversi giorni.

Durante l’ assenza del malato, passavo ogni giorno a trovarla  e –  con  malcelato interesse – le chiedevo notizie della salute del suo collega di stanza. Lei ogni tanto lo chiamava e mi riferiva come andavano le cose. Ma più il tempo passava, meno parlavamo di lui.

 Finchè cominciammo a parlare soltanto di noi.

Io mi comportavo sempre in modo gentile e fingevo di non subire il suo fascino. La trattavo con semplicità, come richiedeva il rapporto di colleganza, e lei mi dimostrava che era molto contenta così.

Gli incontri mattutini andarono avanti per diversi giorni, rispettando sempre il medesimo clichè che mi ero imposto, ovvero quello  di dimostrare  il massimo dell’indifferenza e di comportarmi semplicemente come un collega che parla solo di lavoro.               

Una mattina, esperiti i soliti convenevoli, un po’ stizzita, mi fece una domanda che mi gelò: “Vittorio, dimmi, ma sei per caso gay?” Pensai qualche secondo poi, mentendo spudoratamente, le risposi: “Ancora non ho deciso. Mi occorre una forte spinta che mi faccia decidere il versante giusto per me. E’ come se camminassi sul filo di un rasoio  non sapendo da quale parte cadere. Dipende da qualche evento casuale che mi indicherà  la scelta giusta.” 

“E da cosa può dipendere questa difficile scelta?” mi chiese. “Da una vera amica” risposi. “Cioè da te!”

Si fece una grossa risata e mi ripetè più volte: “Scemo, scemo, scemo…Allora perché non mi hai fatto le solite avances che mi fanno in continuazione tutti questi idioti che mi girano intorno come mosconi sulla marmellata?”

“Primo perché non sono un idiota. Secondo perché sei fidanzata e io rispetto le convenzioni” le risposi.

“La prima cosa  l’ho capita da diverso tempo” mi disse. “ La seconda che ostacolo è? Ti fai bloccare dalle convenzioni?”

“Io certo che no” risposi. “Me lo devi dire tu se sono così vincolanti.” Ma lei non me lo disse. Però avevo capito l’antifona, e lei pure.

Cominciammo a frequentarci anche fuori dell’ ufficio e la nostra zona preferita era Villa Borghese, in particolare il laghetto e piazza di Siena.

Furono giorni di approcci molto complicati perché il pensiero del fidanzato – il quale aveva già programmato le nozze – la bloccava e costituiva una forte remora al suo modo di esprimersi e di comportarsi, al punto che ancora non le avevo  dato nemmeno un bacio.

Io, da perfetto giuda, la pregavo di aiutarmi a scegliere la mia giusta strada ma lei mi rispondeva sempre che ancora non  era in grado di  sottopormi a questa fatale prova del fuoco.

Un giorno venne in ufficio e mi disse che probabilmente il tempo era arrivato. Il fidanzato sarebbe partito presto per un lavoro di dieci giorni a New York, per cui avevamo abbastanza tempo per affrontare quel compito veramente impegnativo. “Organizza qualcosa e fammi sapere” mi disse.

Dire che restai piacevolmente sorpreso è un eufemismo! Finalmente il marchingegno che avevo escogitato sembrava  funzionare. Mi restava solo il piacevole compito di scegliere una meta a lei gradita, e fare una settimana di tentativi per me veramente difficili! “Riuscirò a superare la prova?” mi chiedevo in continuazione prendendomi in giro. Non sarebbe stato facile ma ero molto ottimista.

Dopo varie proposte accettò di fare con me una crociera nel mediterraneo di sette giorni nel periodo in cui era sola, e ne fui molto felice. Infatti pensavo che se anche qualche cosa fosse andato storto, non aveva via di scampo. La settimana si poteva concludere soltanto dopo sette giorni nel porto di arrivo.

Partimmo da Imperia e facemmo tutta la parte occidentale del mediterraneo. La prima notte che dormimmo in cabina mi finsi impacciato ed inesperto al punto che lei volle darmi qualche generoso aiutino.

La seconda sera mi disse, “Vittorio, adesso puoi smetterla di fare lo stronzo. Ma pensi che abbia mai creduto a tutte quelle le balle che mi hai raccontato sulla tua incerta sessualità, alla prova alla quale volevi sottoporti per definirla, al filo del rasoio, alla finta inesperienza nella pratica del sesso…Ma mi hai presa per scema? La verità è una sola e cioè che mi piacevi e mi piaci moltissimo ed anche io cercavo un valido motivo per stare un po’ di tempo con te. Inconsciamente  cercavo una scusa per farmi superare quell’ostacolo psicologico che la mia condizione di fidanzata mi imponeva di rispettare, ovvero le convenzioni. Adesso basta! Come scrisse Orazio riprendendo una frase di Alceo, poeta innamorato di Saffo – Nunc est bibendum – adesso è ora di bere e di gioire.”

Veramente grande ‘sta ragazza, pensai e glielo ripetei più volte. Poi la baciai e le ripetei, sempre più ammirato: “Nunc est bibendum? E allora godiamo senza remore ed inibizioni, mia fantastica latinista, perché – come diceva Antigone –  siamo nati per condividere l’amore!”

 “Reminiscenze del liceo classico” mi rispose.

Di giorno godemmo della crociera partecipando a tutte le attività che venivano organizzate. Ma godemmo molto di più di notte quando – senza remora alcuna – esploravamo  e saggiavamo i nostri corpi che rispondevano sempre positivamente alle sollecitazioni della passione. Nei rari momenti di pausa mi occupavo di contare le sue appena accennate efelidi che, in quanto rossa, rivestivano il suo splendido corpo. Ma non sono mai riuscito ad andare oltre dieci perché il desiderio si riaccendeva.

Passammo una settimana fantastica senza freni, senza inibizioni e senza precauzioni e che è rimasta  impressa nei nostri cuori per un solo vocabolo: irripetibile! 

Alla fine della crociera, mentre eravamo in attesa di scendere dalla nave, fu colta da qualche preoccupazione che mi confidò subito: ”Vittorio, ma noi non abbiamo mai usato precauzioni. E se fossi rimasta incinta?” “Impossibile” le risposi. “ Ti avevo già detto che sono gay, no?” “Ma no” mi rispose sorridendomi e guardandomi fisso negli occhi. “Tu non sei gay. Sei soltanto stronzo!”

Le dissi, baciandola, che aveva sicuramente ragione. Dopo un attimo si alzò dicendomi che doveva passare in bagno. Al ritorno mi guardò di nuovo fisso negli occhi e mi disse: “Avevi ragione tu e torto io. Non sei stronzo. Sei gay!” La baciai di nuovo, rimanendo anche un po’ deluso dalla notizia che mi aveva dato.

Al ritorno in ufficio trovammo che il suo collega di stanza, ormai guarito dalla depressione, era rassegnato. Un giorno mi prese da parte e mi disse: “Sai che Angelica ha preso una settimana di ferie e nessuno è mai  riuscito a contattarla, nemmeno a casa sua?” “Vabbè” gli risposi “sarà andata in vacanza con il fidanzato. ” “Invece no. Il fidanzato era in America ed ogni tanto telefonava qui. Secondo me è andata con qualche collega approfittando dell’assenza del fidanzato”. “Non ci crederò mai” gli risposi, “neanche le la vedessi con questi occhi!”

Vit

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