IL FANTASMA

Anche se sembra impossibile, qualche secolo fa sono stato ragazzo anche io.

La maggior parte delle mamme dell’epoca indirizzavano i figli a frequentare le Parrocchie, dove incontravano amici, giocavano a pallone, a calcio balilla, e a  partecipavano alle gite che i boy e le girl scouts organizzavano tutte le domeniche.

Inoltre i più meritevoli avevano l’onore di servire Messa, di suonare le campane, e di partecipare alle varie funzioni vespertine e dondolare il turibolo. Ma l’incarico più ambito era quello di accompagnare il sacerdote, nei giorni precedenti la Pasqua, a benedire le case perché i benedetti, quasi sempre, lasciavano un obolo sia per la chiesa che per il chierichetto. Nei casi di dubbio della sua destinazione  il chierichetto – all’insaputa del sacerdote – lo intascava con somma gioia perché solo così avrebbe passato una Santa Pasqua veramente felice.

A me capitò più volte di svolgere tutti questi compiti, compreso il premio massimo che era quello  di salire sulla cupola della Chiesa, riservato solo ai migliori, da dove si godeva una vista unica su Roma.

Eravamo parrocchiani della Chiesa di San Carlo ai Catinari e portavamo con vanto il suo distintivo di riconoscimento perché, tra tutte le parrocchie romane, eravamo i più bravi sia nello sport che in tutte le altre attività.

Assistevamo il sacerdote anche quando in orario di ricevimento – tre volte alla settimana dalle 17 alle 19 – ascoltava i problemi e le varie necessità della gente.

Le accoglieva nel proprio studio e, con il chierichetto-cancelliere che prendeva appunti, chiedeva come poteva aiutare il parrocchiano.

La tipologia delle richieste era la più varia. Si partiva dagli aiuti in denaro, vestiti, alimenti, libri di scuola usati, benedizioni particolari per i propri figli, miracoli di ravvedimento per il coniuge violento o ubriacone e così via.

Nel suo piccolo, Padre Maggiani – questo era il suo cognome – aiutava tutti e non accettava mai ringraziamenti. Quel poco che aveva era tutto per i parrocchiani indigenti, che a quei tempi erano veramente tanti.

Un giorno assistei ad una richiesta veramente insolita.

Venne un signore, abbastanza ben vestito ma pieno di lividi, che cominciò a raccontare la sua storia.

“Padre” disse “sono Marco Artieri. Mi occorre il suo aiuto. Non ce la faccio più. Vede questi lividi sul viso? Lei penserà ad una lite. Invece no. Sono stati i fantasmi!”

“I fantasmi? Questa è bella!” rispose il padre. “Mi racconti con precisone”.

Cominciò dicendo che aveva comprato da qualche mese una casa in zona, ma la prima volta che era sceso in cantina era stato investito da una gragnuola di calci e pugni da restare senza fiato. Il tutto accompagnato da grida terrorizzanti e da un fortissimo odore di aglio rancido che faceva supporre che il locale fosse abitato da un covo di demoni assassini, per cui per molto tempo rinunciò ad entrare nel locale.

Quando tornò in cantina la scena si ripetè e mentre cercava di scappare colpito dalle solite botte, intravide una figura bianca trasparente che portava in mano una candela nera accesa. L’essere piangeva copiosamente e le sue lacrime – come stille di acciaio infuocate – non venivano fermate dal pavimento ma lo perforavano lasciando grossi fori in terra. Questa visione lo convinse che si trattava di un fantasma. Per questo era venuto dal Parroco affinchè usasse qualche rimedio per far ritrovare la pace  a lui e a quell’essere inquieto che vagava chissà da quanto tempo nella cantina.

“La vicenda è veramente sconcertante” disse il parroco. “La prima cosa da fare è verificare se i fatti che mi ha raccontato siano veri o frutto di allucinazioni create da fantasia o eccesso di alcolici. Se il fenomeno si ripresenta anche di fronte ad un estraneo, vedremo cosa fare.”

Presero un appuntamento per qualche giorno dopo e verso le diciotto, ben forniti di acqua Santa – ci recammo a casa dell’Artieri il quale – molto felice di vederci – ci condusse alla cantina.

 “Vuoi entrare con me?” mi chiese il Parroco. “Certo che no!” risposi. “Mi bastano le botte che   già mi dà mio padre. Aspetto fuori!”

Con passo fermo e deciso il Parroco entrò e cominciò a benedire tutto l’ambiente, ma poco dopo  cominciammo a sentire urla e stridii da paura, nonché percosse e colpi  che costrinsero don Maggiani a rinunciare alla sua missione, uscendo rapidamente dalla cantina. Era pieno di lividi, ma il dolore più intenso era l’insuccesso della sua missione e la dimostrata impotenza dell’acqua Santa.

“Come mai” si chiedeva “Cosa angustiava quell’anima in pena, al punto di farla resistere anche alla potente forza dell’acqua benedetta? Perché tutto quel rancore nei confronti degli esseri viventi dei quali – bene o male – aveva fatto parte?”

Prese a cuore la vicenda e alla fine scoprì che – dai documenti conservati nella Parrocchia e dagli articoli dei giornali reperiti in un’emeroteca che all’epoca raccontarono il fatto  –  la casa in precedenza era stata abitata da un anziano  e caritatevole signore il quale aveva ospitato nella cantina, ben nascosta e blindata, un ebreo romano ricercato per essere deportato  dai tedeschi in un campo di concentramento.

Se non che il vecchio morì per cause naturali per cui l’ebreo, privo di cibi e di vie di fuga, morì d’inedia e fu  ritrovato solo dopo  che era stata segnalata la lunga assenza del vecchio.

Il Parroco rimuginò per giorni e giorni la triste vicenda cercando di trovare una soluzione che potesse liberare quell’anima in pena ed avviarla con serenità verso il suo destino.

Alfine mi chiamò ed insieme all’Artieri ci disse: “Dovrei aver trovato qualche risposta al vostro problema. La rabbia del fantasma contro gli esseri umani appare giustificata. Infatti nessuno è corso in suo aiuto, lasciandolo prigioniero e condannandolo a quella orrenda morte. La candela nera che brucia lentamente rappresenta la morte che non arrivava mai perché il corpo si ribellava ad essa, fino a quando la lunga agonia non fu conclusa.

Le lagrime infuocate che perforavano il pavimento ci vogliono dire che non finiranno mai e mai si asciugheranno perché incarnano il suo dolore. Infine l’impotenza dell’ acqua Santa discende dalla circostanza che il poveretto professava una religione diversa dalla nostra, quindi non poteva avere effetto su di lui.”

“Padre” intervenne l’Artieri “ma allora sono condannato anche io ad una pena eterna!”

“Ho pensato anche questo. Ma un tentativo – anche se molto grezzo e con scarsissime probabilità di riuscita – lo faremo domani. Vengo alle diciotto.”

Il giorno dopo, puntualmente, eravamo lì e notai solo allora che il Padre aveva con sé una borsa molto più grande di quella che portava di solito.

Entrammo e chiese all’uomo di aprire la cantina e di tenere la porta socchiusa. Quindi si chinò, aprì la borsa e cominciò a lasciare sulla soglia svariati generi alimentari, compresa acqua e vino. Quindi richiuse la porta e disse all’Artieri sempre più perplesso “Ci vediamo domani.”

Il giorno dopo tornammo alla casa e trovammo il proprietario agitatissimo.

“Come è andata la notte?” chiese il parroco. “Molto peggio di tutte le altre. Sentivo tramestii, sghignazzi, fiumi di acqua che scorrevano, risate sguaiate come quelle che si sentono nella bettole di infimo ordine…”.

“Bene “ disse il Parroco “ciò vuol dire che qualcosa è avvenuto. Andiamo a vedere!”

Aprì uno spiraglio di porta e vide che il cibo che aveva lasciato il giorno prima era finito! Di acqua e vino nemmeno una goccia! Allora tutto soddisfatto disse all’Artieri di venire l’indomani in Parrocchia soltanto dopo che era entrato nella cantina.

Il giorno dopo l’Artieri arrivò tutto trafelato e confidò al Padre che il fantasma non c’era più. “Un vero miracolo” disse. “Nessun rumore, la cantina in perfetto ordine, nessun cattivo odore! Solo una piccola macchia di cera nera con lo stoppino esaurito. Finalmente! Ma come spiega, Padre, questo fatto?” “Semplice intuizione. L’uomo era stato abbandonato per mesi nella cantina senza che nessuno avesse provveduto a nutrirlo. La sua estrema rabbia era, quindi, giustificata al punto di voler restare lì oltre la morte per vendicarsi nei confronti di coloro – ovvero gli umani – che gli avevano decretato quella fine orribile. Ma quando ha visto che qualcuno ha avuto pietà di lui portandogli il cibo , lo ha perdonato ed ha finalmente trovato la pace che desiderava da tanto tempo per avviarsi – quindi – al suo naturale destino. La sua dipartita assume il significato di perdono e di ringraziamento, in modo tale che alla sua ritrovata pace fà riscontro a quella dell’uomo innocente che lo teneva come ospite non gradito.”

L’Artieri, stupito e ammirato, disse: “Padre lei è stato fenomenale! Lei è un profondo conoscitore della realtà e dell’occulto! Non so cosa fare per sdebitarmi dell’immenso aiuto che mi ha dato!”

“Visto che non lo sa, glielo dico io. Destini alla Parrocchia una congrua somma di denaro per le necessità dei poveri, degli anziani nonché per le attività ludiche dei ragazzi.”

E così fece.

Quell’anno i ragazzi e le ragazze della Parrocchia godettero completamente gratis di un periodo di quindici giorni in un campeggio situato nei pressi di Pescasseroli, dove ogni sera – tutti intorno ad un falò – si raccontavano storie di fate, stregoni e – perché no? – anche di fantasmi.

Vit

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