POMERIGGIO AL CINEMA…

Estate di tanti anni fa.

 La noia imperversa implacabile sui ragazzi rimasti in città, i quali non sanno come occupare il tempo libero.

Allora Giovanni mi propone  di andare a vedere  il film “A’ bout de  souffle”, molto osannato sia per la trama che per la direzione di Godard, tra i più significativi registi della seconda metà del novecento e tra i principali esponenti della Nouvelle Vague.

 Accettai con entusiasmo.

Sono le quindici e la sala è comprensibilmente quasi vuota. C’è qualche coppia sparsa qua e là ed una ragazza sola che attira subito la nostra attenzione.

Ci sediamo vicini a lei e cominciamo a scambiare qualche parola di commento sul film e sul suo contenuto, a volte  ermetico per la ragazza, della quale non ricordo  più il nome.

Con il passare del tempo la conversazione si fa più fitta e la confidenza tra noi aumenta fino a passare ad argomenti estranei alle vicende narrate.

Alla fine del film ci soffermiamo fuori dalla sala a fare gli ultimi commenti, quando la ragazza – promettendoci un tè – ci chiede se possiamo accompagnarla a casa perché deve fare una cosa abbastanza urgente e che con i mezzi pubblici farebbe sicuramente tardi.

Già pregustando  una insperata avventura boccaccesca, non potevamo certo dire di no, quindi  saliamo nella mia scomoda cinquecento e partiamo.

“Dove abiti” le chiedo. “Verso Fiumicino. Segui le mie indicazioni.”

Resto un po’ perplesso. Il cinema era nel centro di Roma, nei pressi di via Nazionale, e questa ragazza parte con i mezzi pubblici da Fiumicino per andare da sola ad un cinema così lontano?  Mah!

Digerii controvoglia le perplessità e seguii le indicazioni della ragazza  che portavano a casa sua.

Il viaggio fu abbastanza lungo ma allietato da battute e continue risate che lo resero piacevole e per noi ricco di aspettative che il comportamento disinvolto della nostra nuova amica prometteva di soddisfare.

Più passava il tempo, più la nostra eccitazione aumentava. Giunse al massimo quando ci disse “Ecco. Siamo arrivati. Aspetta un attimo che scendo ad aprire il cancello, così metti la macchina dentro”.

Rimasi di nuovo perplesso. Perché mettere la macchina nel cortile?

 In caso di fuga precipitosa saremmo rimasti intrappolati e senza via di scampo, come il finale del film che avevamo appena visto mi portava ad  immaginare.

Inoltre notai che nella stradina vi erano ampi spazi  per cui rifiutai l’offerta e parcheggiai fuori.  

Entrammo in casa, tipica isolata casa di campagna abbastanza grande ma senza piani superiori. Ci fece accomodare in salotto dicendoci “Scusatemi, tra poco vi preparo il tè. Però prima devo dare il latte alla bambina”.

Ci prese un colpo!  Ecco la cosa urgente che doveva fare!

Aveva lasciato sola nella culla per almeno quattro ore una neonata – che non aveva più di tre mesi – per andare al cinema a Roma!

Questa è pazza, pensai. Meglio andare via subito.

Il mio amico insistette per prendere almeno il tè che ci aveva promesso.

Passata circa mezz’ora – dopo aver allattato la bambina –  ce lo portò, ma io avrei preferito un infuso di fiele e veleno.

Poi ci  mostrò un book fotografico dal quale potemmo vedere anche le foto di suo marito – esperto cacciatore – a prima vista un tipo non certo raccomandabile.

Sempre più preoccupato, insistevo con Giovanni per andare via.

“Aspetta ancora un attimo” mi disse. “Con la scusa di vedere la bambina, la porto in camera da letto dieci minuti e poi andiamo”.

E così fece.

 Ma appena entrati in camera e chiusa la porta,  la ragazza cominciò a gridare. “Fermo, che fai? Vattene…No, no, no!” Ma lui non demordeva. Continuava imperterrito nel suo tentativo di stupro nonostante la decisa resistenza della ragazza.

A questo punto entrai nella camera e  vidi uno spettacolo raccapricciante. Lui sopra di lei che tentava di spogliarla, determinato ad andare avanti à bout de souffle, suo o della ragazza. 

 La neonata nella culla  piangeva disperata.

Allora  presi Giovanni per la collottola, lo tirai giù dal lettone e lo trascinai fuori dalla camera dicendogli le peggiori parolacce che conoscevo.

“Sei un grande stronzo” aggiunsi da ultimo.

 “Ma è lei che ci ha invitati!” rispose.

 “ Sì, ma  a prendere un tè! Non ti sei accorto che quella non è troia ma semplicemente pazza?” replicai. “Andiamo subito via prima che venga il marito a  prenderci a fucilate!”

Ritornò in sé a fatica ed uscimmo rapidamente  dal cancello e salimmo in macchina.

Mentre stavo togliendo l’antifurto, due fari di auto ci illuminarono alle spalle  come se  il conducente volesse vedere chi c’era nella macchina posteggiata nella stradina.

Mi guardai bene dal mettere in moto l’auto per evitare di essere notati.

Man mano che la macchina si avvicinava  i fari ci illuminavano sempre di più, per cui il livello del nostro terrore aumentava perché sembrava proprio che l’uomo alla guida cercasse noi.

Fortunatamente quando giunse davanti all’entrata della casa, l’auto sterzò e ne scese un uomo che con le chiavi aprì il cancello ed entrò.

Non ci volle tanto a realizzare che quello era veramente il marito e che non sarebbe rimasto molto contento di trovarci in casa con la moglie.

Misi in moto la macchina e partii a razzo come se fossimo inseguiti dalla Polizia dopo una rapina in banca.

Durante il viaggio di ritorno ragionammo sull’accaduto a mente serena e giungemmo alla conclusione che se lei era pazza, noi non eravamo da meno.

Con il passare del tempo ho ripensato molte volte a quell’episodio e l’ho rivisto, sempre in modo drammatico, ma del tutto diverso da quando l’avevo vissuto.

Da una prima impressione emergeva chiaramente, come più volte detto,  quella vena di follia che attanagliava la mente della ragazza la quale, incurante di tutto, abbandona una neonata in culla per quattro ore e si reca a vedere un film.

 Inoltre – cosa ancora più grave – non esita a portare due ragazzi in casa sua senza pensare ai rischi che corre, sia da parte nostra che da parte del marito.

La seconda impressione che mi lascia la vicenda – molto più ragionata – è quella della innata ingenuità della ragazza,  che compie certi atti incurante dei pericoli derivanti dal suo comportamento, pur sapendo che il marito può arrivare da un momento all’altro.

La sua sconcertante, commovente e onesta ingenuità,  è ulteriormente dimostrata dalla strenua resistenza con la quale si era opposta ai beceri tentativi di violenza da parte di Giovanni Senzatesta ( così lo chiamammo da quel giorno, storpiando il soprannome   dello storico Re inglese), stroncati dal mio deciso intervento.

 Non ha mai  neppure sospettato  qual’ era  l’unica cosa che volevano da lei i due nuovi amici appena conosciuti che aveva accolto in casa. Inoltre non ha nemmeno considerato quello che sarebbe successo se il marito li avesse trovati lì.

 Ogni tanto la ricordo con dolcezza e tenerezza, augurandomi che l’episodio le abbia  almeno  insegnato come difendersi dagli attacchi della vita,   e che abbia imparato che questo è un mondo ricco di insidie e malfattori, nel quale non si deve mai fidare di nessuno.

Neanche di me.

Vit

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