Ricordando l’amico Nick Spatari

               
               

Beaumont sur Mer – Sono un drugo, rockettaro, solitario che vive appartato in una casetta sul mare di Ulisse. Un uomo che scrive dei pezzi ogni tanto per non annoiarsi. Non ho gran voglia di frequentare il mondo esterno. Solo lo stretto necessario. La fama, il successo, mi sembra apatico e noiosamente superfluo nel mio piccolo mondo fatto di sogni e contraddizioni. Shell, al contrario, bella come il sole di Agosto, aveva molti progetti, gran parte dei quali condivisibili. Una quasi hippie anche lei, moderna, intelligente, con sogni e opinioni esistenziali notevoli.
Forse sarebbe da aggiungere, a ciò che dice la mia compagna di viaggio Shell, che il mio pensiero abbatte i confini che delimitano la realtà in cui vivo. Da sempre il mio essere è stato improntato dal desiderio di evadere dai luoghi comuni, dall’attrazione verso ogni forma di creatività e dalla necessità di soddisfare l’insaziabile curiosità. Il temperamento un po’ “hippie”, come piace definirmi G. Shell che non appartiene a quella generazione, mi porta ad incontrare la persona che riecheggia la mia stessa coscienza di libertà. Lui, l’amico Nik Spatari!
Il nostro legame lo considero un tesoro unico da custodire in una realtà circoscritta. La nostra esistenza tripudia nella volontà di intraprendere viaggi che ci condurranno ad esplorare la bellezza dei luoghi e, reciprocamente, la bellezza che dimora nell’animo di entrambi.
Senza dissentire con ciò che diceva Shell, sento il bisogno di rimarcare il nostro appartenere ad una minoranza che determina anche il nostro vedere le cose in maniera un po’ diversa dagli altri. Abbiamo attraversato secoli di storia e cultura e penso che ciò che ci lega, sia, una passione inesauribile da parte mia ed una affinità elettiva da parte Sua.
Proprio questa “affinità elettiva”, mi riportava a pensare che la bellezza interiore sia la chiave di lettura di alcuni luoghi i quali non a caso sono pregni di seduzione e magia. Guardiani di una cultura ormai fuori moda, a noi due non resta che un continuo abbandonarsi a progetti. Entrambi figure inusuali in un mondo bacchettone, moralista e con pochi ed effimeri interessi.
A noi tutti non resta che l’evasione, un tantino illusoria, da una certa realtà impegnata ad omologare le nostre vite. Un bel giorno di autunno abbiamo deciso di visitare un luogo che fino a pochi giorni prima avevo pensato di esplorare da solo. Con la macchina ci siamo diretti a Sud Est della Magna Grecia. Un paesino dal forte richiamo floreale: Mammola. “ O violae…vos semper amabo”, sospirava nel Quattrocento il poeta Poliziano colpito dalla bellezza di questo fiore, la violetta, o viola mammola, con le sue foglie a forma di cuore, o odorosa, che tutti amano rivedere, agli inizi della primavera, e talvolta anche prima delle ultime nevi, spuntare lungo le siepi, le scarpate, fra l’erba ancora gialla.
Accanto a questo Fiore, a metà strada fra Rosarno e Gioiosa Ionica, incontriamo il Parco Museo Mu.Sa.Ba., un’oasi di pace dove il tempo sembra fermarsi e ci sentiamo catapultati in una dimensione quasi surreale con il Bianco Coniglio a sussurrarci qualcosa.
A darci il benvenuto è il mosaico di una gigantesca lucertola multicolore, portavoce degli altri giganti del Parco. Proseguendo scorgiamo maschere sovradimensionate, un altro grande mosaico raffigurante un corpo femminile sdraiato sul proprio ventre, una farfalla geometrica alta 3m circa, una figura umana stilizzata che, con i suoi 15 m di altezza, svetta verso il cielo, semisfere massicce che sembrano quasi galleggiare, ali a ventaglio pronte a spiccare il volo, il dio degli dei che, a braccia elevate, trattiene un fulmine; la Piramide che sembra elevarsi all’infinito con i suoi raggi colorati.
L’autore di questa parentesi spaziale dissimile dal resto è stato lo stesso artista che ha riutilizzato i residui del complesso di Santa Barbara come luogo dove lasciar germogliare la propria libertà.
Il mio ritorno in Calabria è stato segnato da due momenti. L’incontro con Shell e la voglia di rivedere con lei una persona straordinaria conosciuta quaranta anni prima a Roma e poi a Saint Paul de Vince, vicino Nizza . Un uomo segnato dal prezzo pagato per la sua libertà. Dotato di una immensa fantasia.
Il mio incontro con Nik risale al 1974, quando insieme a Monique e Marc Chagall stavamo visitando il Maeght di Saint Paul de Vence. Davanti ai mosaici di Chagall, ecco apparire un uomo imponente con due diamanti al posto degli occhi come a volte si notano sul viso di un ragazzino pieno di curiosità: Nick Spatari. Artista, pittore, scultore, architetto e artigiano. Straordinario e multiforme artista che ha lavorato e frequentato gli studi di alcuni dei più grandi artisti e architetti del ventesimo secolo. Personaggi come Charles Edoard Jeanneret-Gris meglio conosciuto come Le Corbusier, il drammaturgo Jean Cocteau, Max Ernst, Pablo Picasso, Jean Paul Sartre, Eugenio Montale, Giulio Carlo Argan, Renato Guttuso, Andy Warhol.
Nik (Nicodemo alla nascita), è tornato a vivere nel paese che lo ha visto nascere nel 29, per dare sfogo alla sua creatività all’interno del suo Parco Museo, creato lungo le rive del Torbido, una fiumara che nasce in Aspromonte e sfocia nel mare che vide arrivare in Calabria i greci. Lo Ionio.
Era il 1970 quando Nik Spatari, tornò in Calabria, insieme ad Hiske Maas, artista anticonformista e manager olandese che, prima di diventare una gallerista a Milano, aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti ad Amsterdam, Londra, Losanne, Parigi e New York. Questa donna di grande carattere , ha sfidato e affrontato per trent’anni la burocrazia italiana e le angherie locali per poter acquistare, insieme a Nik Spatari, l’ex complesso monastico Santa Barbara, l’ex stazione Calabro Lucana e, metro dopo metro, i terreni che oggi sono diventati MuSaBa: un museo-laboratorio d’arte contemporanea su di una superficie di sette ettari di rovi e sterpi di cui non vi è più traccia.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik.

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