LA LENTE DI RIMPICCIOLIMENTO

Limpida mattina di diversi anni fa alla scuola di paracadutismo dell’aeroporto militare di Guidonia.

Esercitazione di lancio. Il corso è abbastanza avanzato e gli allievi discretamente esperti per una esercitazione più complessa del solito.

L’aereo è ormai in quota, l’istruttore fa le ultime raccomandazioni, quindi con una pacca sulle spalle di ognuno scandisce l’ordine di lancio e – come semi portatori di vita lanciati dalla mano del seminatore – gli allievi si lanciano dal ventre dell’aereo.

Da ultimo l’istruttore-

L’esercitazione questa volta consiste in un lancio con apertura del paracadute ritardata.

Come uccelli senza ali, gli allievi volano verso la terra a velocità pazzesca, mostrando una temerarietà senza pari.

Qualcuno, ebbro di gioia, si abbandona ad evoluzioni acrobatiche, giravolte, capriole, tuffi che in nessun’altra condizione potrebbe effettuare.

Durante il volo libero, anche la mente è libera. Essa spazia senza freni verso quelle cose che sulla terra sono impossibili.

Ora è tutto facile!

Inoltre flash di immagini piacevoli si susseguono: l’infanzia, la mamma, il primo bacio, l’amore.

Ma il pensiero dominante è per la maniglia che hanno sul cuore.

E’ quella che apre il paracadute cui è legato il filo della loro vita e che i più temerari tendono a tirare il più tardi possibile.

Ecco, ci siamo, il momento è arrivato ed il sogno è finito. Per poter rinnovare il sogno bisogna tirare quel filo a cui è legata la loro fragile vita.

Gli allievi, come è stato loro insegnato, si preparano irrigidendosi a parare l’inevitabile contraccolpo che l’apertura del paracadute comporta.

Allora su ognuno appare, come d’incanto, il rassicurante pennacchio bianco, una nuvoletta, che in un lampo assume la forma di  fungo, diventa consistente e frena bruscamente la discesa assicurando l’atterraggio morbido.

Il contraccolpo è il segnale che tutto è a posto e che si può continuare ad effettuare altri lanci.

Ma non per tutti è così!

L’ultimo allievo che si è lanciato è in difficoltà: tira ripetutamente la maniglia ma il paracadute non si apre. Il contraccolpo liberatorio non c’è!

Con il suo sguardo interrogativo e terrorizzato chiede aiuto all’istruttore che è sopra di lui.

Ma l’istruttore é inerme. Può solo gridargli di provare, provare e riprovare….
Ma non succede nulla.

Di nuovo l’allievo rivolge un altro sguardo terrorizzato all’istruttore il quale – in un millesimo di secondo – decide il da farsi.

Ritarderà ancora l’apertura del suo paracadute, raggiungerà l’allievo e lo afferrerà per effettuare assieme l’atterraggio morbido. Un’operazione che ha una possibilità di riuscita su cento.

Eppure non esita.

Accelera la sua discesa libera assumendo le posizioni più aerodinamiche possibili, nuota nell’aria, si butta a capofitto come se possedesse poteri soprannaturali. Raggiunge l’allievo ma con eccessiva violenza per cui lo urta e si riallontana.

Un moto di stizza e di delusione lo assale. Ritenterà.

Ma che succede? Non sente più il violento sferzare del vento sul suo viso, non vede più lo sguardo implorante dell’allievo perché adesso lo vede sereno. Ora riesce ad afferrarlo e a portarlo in alto, sempre più in alto…..

Un ultimo sguardo in basso gli consente di vedere sul terreno due corpi di paracadutisti inanimati, abbandonati, sconnessi.

Ma cosa gliene importa?

Ormai può volare per sempre come gli angeli senza pensare alla maniglia, al contraccolpo, all’atterraggio morbido, al futuro e alla vecchiaia fatalmente priva di lanci.

Avete mai provato a guardarvi attraverso fatti di suprema generosità come questi?

Io sì.

Mi sono visto – come attraverso una potentissima lente di rimpicciolimento – piccolo piccolo, addirittura microscopico.

In alcuni momenti ho avuto la sensazione di essere sparito.

Ma qual è la leva che – in un mondo di imperante egoismo – fa scattare simili atti di altruismo, inconcepibili in un comune mortale? Quale premio potrà mai ricompensare il protagonista di questa storia, al fine ripagarlo del sacrificio di  ciò che aveva di  più caro – la vita – per obbedire ad un proprio istinto di irrefrenabile generosità?

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