ESSERE UMANI VUOTI

Beaumont sur Mer-

Privati della vista, a meno che
Gli occhi non ricompaiano
Come la stella perpetua
Rosa di molte foglie
Del regno di tramonto della morte
La speranza soltanto
Degli uomini vuoti
.” T.S.Eliot

Beaumont sur Mer- Gli uomini vuoti sono gli uomini privi di identità e di personalità. Non sono in grado di pronunciare parole importanti, i loro discorsi risultano vuoti. E non sanno nemmeno stare in piedi da soli. Sono come dei non viventi che camminando in una landa desolata, come figure senza forma, paralizzati. Sono uomini vuoti, appunto, privi di ogni essenza.

Sentirsi sdegnati oggi è una questione etica e di sensibilità. Un’etica che dovrebbe arricchirsi continuamente dinanzi alle sfide che la storia e la vita ci propongono continuamente. Mentre gli scienziati e gli intellettuali si chiedono oggi come salvare la bellezza del nostro ambiente, nel Meridione si verificano fenomeni socio-culturali che lo offendono e imbruttiscono.

Perché scenografici centri storici segnati da straordinarie incidenze architettoniche e artistiche, non vengono sentiti come tali, ma vengono degradati a meri oggetti di consumo in modo incivile e la loro bellezza spesso viene insultata? Forse perché i nostri sensi, sopraffatti da quelli della barbarie, sono continuamente bombardati da mille stimoli, incessanti, assordanti, in cui ci svuotiamo. Inoltre, non si rispetta il nostro passato, forse perché non ci si riconosce .

I Calabresi, in particolare, sono tenuti a  far chiarezza e comprendere quali siano le priorità e che c’è un ordine di valori da pensare o ripensare alla nostra indifferenza e capacità di reagire a tutto questo.

Una delle risposte ad una auspicata ma mancata rivolta potrebbe essere quella della scarsa formazione e capacità di lettura del reale, dovuta anche alla volontà da parte dei potentati di mantenere le persone nell’ignoranza, e lo vediamo dalle scelte di riforme “democratiche” che ci vengono propinate quotidianamente.

E per questo, i crimini di cui un popolo si vergogna costituiscono la sua vera storia. Questa parte della nostra storia passata, dovrebbe essere tutelata attraverso precisi strumenti urbanistici, ovvero alla stregua di beni paesaggistici vincolati con provvedimenti amministrativi.

E soprattutto, trasformare i centri storici in luoghi dove la vita si svolge 24 ore al giorno, non possono essere dormitori, non possono essere luoghi dove si va soltanto a dormire. Bisogna ridare ai centri storici la loro urbanità. In origine il centro storico coincideva con la città antica, era la città antica.

Oggi il centro storico indica il nucleo più vecchio della città, corrisponde al centro antico della città, che nel frattempo si è dilatata. Questa banale osservazione ha delle conseguenze non altrettanto banali. Innanzitutto significa che è cambiata la città nel suo insieme, tanto nelle dimensioni spaziali quanto nella distribuzione delle funzioni. Inoltre, è mutato il centro storico. Pur restando spesso fisicamente immutato, si è come “intirizzito”, divenendo una parte dal tutto che era, e trasformandosi radicalmente nell’uso. Sulla definizione di centro storico architetti, storici dell’architettura e urbanisti riflettono da decenni senza certezze.

L’ espressione ‘centro storico’ è divenuta una consuetudine lessicale, su uno sfondo vago e indefinito. Nelle città, i centri storici continuano ad esistere, mostrando traiettorie di cambiamento differenti; appaiono degradati e impoveriti, oppure manomessi da interventi edilizi scandalosi, rifunzionalizzati attraverso i processi di riqualificazione e rinnovamento, o, ancora, restaurati ed esibiti in termini di monumentalità privi di vita. Vuoti!

Gigino A Pellegrini & G el Tarik,

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