AMANTEA MON AMOUR

Beaumont sur Mer – Oggi, voglio dedicare alcuni appunti al luogo dove sono nato.

Amantea, penso sia l’unico paese a non avere nessuna tabella di “benvenuto” in nessuna delle strade che introducono alla “Terza”. Nessunissima illuminazione, neanche un alberello; e per finire, un degrado e una sporcizia che neanche a Soweto (Sud africa) ho riscontrato.

Per non parlare di Via Garibaldi. Il secondo accesso ai “lidi” di Amantea, Via Garibaldi per l’appunto, è una fogna a cielo aperto. Peccato che le foto non trasmettono odori.

Inoltre, c’è qualcosa sulla Casa delle Culture, così ho deciso di scrivere due cosette anche su questo argomento.

L’integrazione a partire dalle piccole cose. L’integrazione tra persone diverse (per età, per condizioni sociali e culturali, per interessi e curiosità…) è l’obiettivo che si pone come naturale quando ci si riferisce ad un “bene comune” come è intesa la Casa della cultura per realizzare una molteplicità di scopi, associazioni di volontariato e cooperative. Sono tutte organizzazioni che dovrebbero favorire la coesione sociale e contrastare l’emarginazione e il disagio. Si caratterizzano anche per il forte impegno in ambito culturale, con attività volte alla promozione dei diritti umani, della legalità e dello sviluppo di comunità locali, di cui ormai da decenni fanno parte le varie etnie.

Queste organizzazioni, all’interno della Casa di Cultura, dovrebbero operare con servizi concreti di accoglienza e sostegno materiale per le fasce più deboli della popolazione. Sono enti, solidali, partecipative e responsabili ed ognuna porta con sé parte della propria struttura organizzativa e delle proprie competenze ed esperienze.

Anche questa struttura, rientra nel discorso generale e cioè, i soldi potevano essere utilizzati solo ed esclusivamente, nella costruzione della Casa delle Culture. Ben altro sembra essere diventata questa nostra Struttura, e su questo spero che tu, Amanteano, faccia sentire la tua voce. La gestione di questo bene pubblico sembra essere diventato un ‘rifugio’.

Le Case delle Culture dovrebbero far fronte in modo autonomo al loro funzionamento. In particolare, la strategia del progetto si basa su tre assi di lavoro: migliorare le competenze istituzionali del sistema Case di Cultura, a livello municipale, provinciale e nazionale, attraverso la realizzazione di azioni pilota; aumentare le competenze delle risorse umane delle Case di Cultura, per la realizzazione di una programmazione culturale rinnovata, ampliata e diversificata; elaborare e implementare una strategia di visibilità e comunicazione che comprenda l’uso delle tecnologie informatiche e di comunicazione, prestando particolare attenzione alle generazioni giovani.

La Casa della Cultura nasce come “La casa di tutti”(La casa de Todos), spazi aggregativi nati negli anni ’60 per facilitare l’educazione all’arte e alla cultura dei cittadini fortemente interessati che, tramite l’identificazione e l’implementazione di azioni mirate alla loro sostenibilità istituzionale.

Il fine di qualsiasi Casa di Cultura è ben diverso e credo sia il contributo culturale, che attraverso questo tipo di strutture, viene fornito a tutta la popolazione e con la popolazione. E mia opinione che una Casa della Cultura deve impegnare le migliori e varie espressioni culturali del nostro Paese e far si che la Struttura “Viva”. Una Casa della Cultura non è finalizzata a fare profitto, come alcuni sostengono. La nostra Struttura non è un “Campus” cioè, una Università!

Alcuni amici mi hanno scritto chiedendomi della neo università. Ho dovuto dir loro che alcuni amici Amanteani, richiamandosi ad un lontanissimo passato latino, si erano

divertiti

a sciorinare la loro conoscenza, battezzando, pomposamente, questo luogo “Campus” e ignorando che nell’era moderna il “Campus” è semplicemente una Università.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *